L'ex assessore Marabini: «Abbattere il Palacreberg è una decisione stupida»
L'ex titolare della Cultura attacca: c'è una furia iconoclasta nei confronti dei teatri. Ne abbiamo fatto strage. Ma non c'è un altro posto per il palasport?
di Wainer Preda
Dirigente di Ubi Banca, in pensione. Assessore alla Cultura con il sindaco Cesare Veneziani. Delegato del successore Franco Tentorio. Promotore e consigliere delegato della Fondazione Donizetti, alfiere della ristrutturazione del teatro e della creazione del palatenda, come lo chiama lui, di via Pizzo della Presolana. Poche persone a Bergamo, hanno ricoperto ruoli centrali nella cultura come Valerio Marabini.
Cosa ne pensa della demolizione del Palacreberg?
«È una cosa stupida».
Stupida? Parola grossa... E perché mai?
«Perché non si tiene conto del fatto che la demolizione costa e parecchio. Non parliamo solo di una struttura metallica coperta da un telone».
Ma?
«Il teatro tenda poggia su una piastra di cemento armato con sotterranei per i camerini e impianti vari. Distruggerlo, ovviamente, ha un costo. Credo non molto inferiore a quello di un terreno più adeguato, su cui costruire ex novo un Palasport».
Realizzare un Palasport al posto del Palacreberg ha altre controindicazioni?
«La collocazione. L’accesso è difficile. Ci sono ingressi e uscite in tangenziale molto complicati. La viabilità, infelicissima. Il parcheggio è già ristretto oggi. Figuriamoci con un palazzetto dello sport da 2500 posti. Prenda il Forum a Milano: è sempre pieno ma perché è fuori città, i collegamenti sono agevoli e non ci sono problemi di parcheggi».
Che spiegazione si è dato di questa decisione del Comune?
«Pare che a Bergamo ci sia una furia iconoclasta nei confronti dei teatri, al di là delle sbandierate velleità che ci fecero candidare a capitale europea e poi italiana della cultura. Negli Anni Cinquanta, il Teatro Sociale era cinema e teatro. Poi è andato in rovina. Si aprì una voragine nel tetto. Tanto che dalla cima del Campanone si vedeva la platea. Fino agli Anni Settanta è rimasto abbandonato. Poi abbiamo fatto fuori il Rubini. Il Nuovo. Abbiamo fatto fuori il Duse e l’Arlecchino. E ora il Palatenda. Abbiamo distrutto teatri in serie».
E come mai?
«Certamente non per mancanza di pubblico. Per tanti anni il Palacreberg è stato secondo teatro della Lombardia per biglietti venduti, dopo la Scala. Era l’unico contenitore per determinati spettacoli. Utilizzare un Palasport per quegli spettacoli è impossibile».
Il Palacreberg, però, in origine doveva essere una struttura temporanea.
«È stato progettato come struttura temporanea, in sostituzione al Donizetti. Poi però ha continuato a lavorare, con centinaia di spettacoli. I bresciani ce lo invidiavano. Hanno provato a replicarlo, con un palatenda un po’ più spartano, che peraltro è ancora in funzione».
Che prospettive ci sono, a questo punto, per gli spettacoli culturali?
«Tolto il Donizetti, non abbiamo più niente. C’è il Sociale, ma ha una capienza limitatissima».
Questa decisione equivale a tagliare con l’accetta il settore culturale? (...)