Padre Zaverio Colleoni, il prete di Fiorano sepolto nel cimitero degli indiani
Il missionario verrà accolto nella riserva di Pala, in California. Sacerdote per 60 anni, in America, aiutava nativi e messicani
di Paolo Aresi
Padre Zaverio verrà sepolto nel cimitero degli indiani, nella riserva di Pala, in California: il capo indiano ha dato il permesso, la salma verrà tumulata l’8 di settembre. È un fatto straordinario: nel cimitero degli indiani non si seppelliscono stranieri.
Ma padre Zaverio Colleoni era, appunto, straordinario. Spiega il suo amico don Fiorenzo Rossi, «era un tipo particolare padre Xavier, come lo chiamavano a Los Angeles. Stava in una parrocchia poverissima, a sette-otto chilometri dal centro, da Downtown, i furti erano all’ordine del giorno. Una notte gli rubarono la portiera della macchina, ma lui non se la prese, disse che gliela avrebbero restituita. E infatti, due giorni dopo, arrivò il ladro a... vendergliela. Gli disse: «Padre, gliela faccio pagare molto meno che in negozio». E padre Zaverio gliela pagò, senza fare una piega. Poi disse: “È una persona che ha tanto bisogno”».
Padre Zaverio Colleoni è morto domenica 21 agosto, a 95 anni, nella sua parrocchia di Santa Cruz (Holy Cross) a Los Angeles. Di lui parla don Fiorenzo, altro missionario bergamasco, che oggi è collaboratore pastorale a Fiorano.
Don Fiorenzo, lei conosceva bene padre Zaverio.
«Sì, perché sono di Fiorano come lui e perché ero missionario in Polinesia e quando tornavo a casa, ultimamente ogni tre anni, facevo scalo a Los Angeles; dovevo aspettare l’aereo per quindici ore e le trascorrevo con don Zaverio nella sua parrocchia. L’ultima volta l’ho visto all’inizio del 2019, dopo l’uragano delle Antille. Era già molto anziano, ma stava bene. A giugno scorso ha raggiunto il traguardo dei settant’anni di messa, settant’anni da prete, ci teneva molto».
È vero che fu prete anche in mezzo agli indiani?
«Sì, è vero, gli volevano molto bene, per questo hanno deciso di accoglierlo nel loro cimitero. In California ci sono diverse comunità di indiani, credo sia lo stato americano dove si trovano più nativi. Nella California meridionale ci sono i Cahuilla, i Chumash, i Cupegno... tanti gruppi, tante tribù. Padre Zaverio era stato con loro per periodi, ma anche all’interno della sua ultima parrocchia ci sono tanti nativi americani, normalmente in condizioni di grande povertà, padre Zaverio li aiutava in tutti i modi».
Per esempio?
«Per esempio, vicino alla parrocchia c’era un deposito, una fabbrica di cera, non so bene. Lui era diventato amico del proprietario che gli regalava la cera di scarto. Don Zaverio, con l’aiuto dei poveri della parrocchia, messicani e indios, preparava candele e ceri che vendeva in chiesa, poi tutte le offerte le dava alle famiglie bisognose. Era un carattere molto bergamasco, una persona molto concreta, che si dava da fare anche sul lato pratico. E in quel quartiere di Los Angeles da fare ce n’era tanto. È un quartiere di casette basse, precarie, eppure blindate come non ho mai visto: perché la delinquenza è dilagante, tanti furti, ma anche omicidi per motivi futili oppure per rapina».
Ma padre Zaverio non aveva paura?
«No, non aveva paura. Quando gli chiedevi come stava, rispondeva che era “moribondo”. E aggiungeva che però aveva ancora abbastanza carità per lasciare passare prima di lui tante altre persone verso l’altra sponda (...)