Quelli iniziati in Qatar sono i Mondiali dei ricchi: stavolta è meglio spegnere la tv
Quelli iniziati ieri (domenica 20 novembre) in Medio Oriente si prospettano come una nuova puntata del Truman Show
di Ettore Ongis
Più che Mondiali di calcio, quelli iniziati ieri (domenica 20 novembre) in Qatar si prospettano come una nuova puntata del Truman Show. Uno spettacolo dentro una bolla irreale, dove lo sport è asservito a tutt’altro e l’aspetto agonistico annega in una finzione da Play Station.
È un Mondiale dei ricchi: quei ricchi che in questi anni hanno messo le mani sul calcio, trasformandolo in uno sport dove sono le montagne di soldi investiti a decidere di fatto i risultati. È un Mondiale dove anche i campioni escono da una dimensione umana ed entrano in quella del business globale: giocatori che sembrano costruiti in laboratorio per alimentare questo spettacolo snaturato.
Avremo spettatori pagati per riempire gli spalti di stadi costruiti in mezzo al deserto. Avremo flotte di yacht miliardari attraccati per prendere parte a questa parata di umanità con portafogli a nove zeri. Intorno, c’è il Paese con le più feroci contraddizioni del pianeta: primo Pil pro capite per gli abitanti, condizioni di semi schiavitù per i due milioni di lavoratori migranti che hanno reso possibile costruire il set di questo gigantesco show.
Secondo un’inchiesta del Guardian, nei cantieri sarebbero morti 6.750 operai. C’è da scommettere che nessun campione si inginocchierà prima delle partite in omaggio a loro. Dentro la bolla non c’è spazio per la realtà. Davvero stavolta è meglio spegnere la tv.