Due secoli di abiti da sposa Una fiabesca mostra londinese

La primavera è la stagione dei matrimoni e, per restare in tema, il Victoria and Albert Museum di Londra ha dedicato una mostra alla storia dell'abito da sposa. Wedding Dresses 1775 - 2014, in corso fino al prossimo 15 marzo, è un viaggio nel costume e nelle tradizioni inglesi che ci svela come si è evoluta la moda bridal negli ultimi due secoli. L’esposizione offre una prospettiva storica e culturale del matrimonio carica di allure, evidenziando l’evoluzione dello stile di ogni epoca attraverso le diverse interpretazioni dell’abito da sposa.
Man mano che il percorso conduce lo spettatore all’età contemporanea, emergono stili e tendenze propri di ogni decade, nati per adattarsi agli usi e costumi dell’epoca. Per esempio, negli anni Venti e Trenta gli abiti da sposa riflettevano il gusto tipico delle luci della ribalta, che si identificava con sontuosi abiti da sera, mentre ai tempi della Seconda Guerra Mondiale i tessuti venivano razionati e anche le spose dovevano puntate sulla praticità optando per uno stile necessariamente più scarno.




CIS:T.276-1972;CIS:T.276A-1972




Gli abiti da sposa di chi? In mostra, creazioni realizzate negli ultimi 200 anni, indossate da personaggi storici, star famose e disegnate da stilisti del calibro di Charles Frederick Worth, Mariano Fortuny, Charles James, John Galliano, Christian Lacroix, Vera Wang e Vivienne Westwood. In un trionfo di merletti, organza, sete e chiffon, ogni abito finisce con il raccontare un po' della donna che lo indossa. Così, passeggiando per il Victoria and Albert Museum si può incappare in uno dei 30 abiti nuziali preparati per Elizabeth Farren o nell’austero abito da sposa della Regina Vittoria, confezionato in raso di seta e pizzo inglesi con un piccolo strascico di fiori d’arancio.
Si tratta di autentici capolavori di sartoria, creati per una pletora di dame delle più varie estrazioni, tra i quali spicca il soprabito in seta firmato Anna Valentine indossato da Camilla Parker Bowles, completo di copricapo firmato Philip Treacy, il giorno del suo matrimonio col principe Carlo. C’è l'abito corto di Lanvin sfoggiato da Sarah Jessica Parker (ossia Carrie Bradshow ) nel giorno del sì in Sex and the City. E il modello sinuoso, in satin di seta, disegnato nel 1934 da Charles James per Barbara 'Baba' Beaton (sorella del famoso fotografo Cecil Beaton) accanto a quello barocco, in broccato, indossato dalla nobildonna Jane Bailey nel 1780. Dunque in mostra anche couture più attuali, come l’abito nuziale disegnato da John Galliano per Dior e indossato dalla cantante Gwen Stefani, oppure la famosissima creazione in taffetà di seta viola firmata Vivienne Westwood per il matrimonio della regina del burlesque Dita Von Teese con l'eccentrica rock star Marilyn Manson.
Grandi assenti saranno, invece, l’abito Alexander McQueen indossato da Kate Middleton nelle sue nozze con il principe William, già esposto lo scorso anno nelle sale di Buckingham Palace e quello della suocera Diana, firmato dalla coppia di stilisti britannici David ed Elizabeth Emmanuel, che ha fatto ritorno ad Althorp House, residenza degli Spencer a Northampton, a nord di Londra.








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Le parure e...una curiosità. Insieme agli abiti, poi, sono esposte anche le parure di accessori originali, indossate dalle spose nel giorno più importante della loro vita: oltre 80 capi più borsette, veli, cappelli, scarpe, gioielli, giarrettiere, ghirlande, guanti, corsetti. Schizzi di stilisti e fotografie ricordo completano l'affascinante viaggio nella storia degli indumenti scelti per il giorno delle nozze.
La mostra include anche sari indiani dai colori sgargianti, a dimostrazione del fatto che l’abito nuziale si sia adattato a riti e filosofie etniche di varia estrazione. Il bianco, per esempio, si cominciò a indossare solo dopo il matrimonio, nel 1840, della regina Vittoria con il principe Alberto. Prima di allora le donne si sposavano raramente nel colore della purezza, preferendo invece l’argento o il dorato: il bianco era un colore troppo costoso, difficile da lavare; indossarlo indicava uno status sociale molto alto. Da quel momento in poi, però, bianco fu sdoganato.