Nessun subentro

Dopo 53 anni chiude la Trattoria del Tone di Curno

Avviato dal nonno nel 1969, il locale era gestito da Fiorenzo Innocenti e dalla moglie dal 1993, ma per loro è venuto il momento di riposare

Dopo 53 anni chiude la Trattoria del Tone di Curno
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Mancherà la loro squisita accoglienza e mancheranno i loro piatti che per un lustro si sono conquistati anche la stella Michelin. La storica «Trattoria del Tone» di Curno chiuderà la propria storia con la fine di questo 2022. Dopo più di cinquant'anni di attività, sono la stanchezza e la consapevolezza di essere arrivati al momento della vita di poggiare piatti e pentole ad aver convinto Fiorenzo Innocenti e la moglie Marina, sempre fianco a fianco.

Una storia iniziata nel 1969

La trattoria venne fondata dal 1969 condotta, da Antonio Lupini, detto “Tone”, dalla moglie Giulia e dalla figlia Anna. Ma a continuare la tradizione di famiglia, è stato Fiorenzo, figlio di Anna, che presto si affiancò ella conduzione del locale fino a diventare, grazie alla sua passione e determinazione, lo chef del ristorante. Nel 1993, Fiorenzo e la moglie Marina trasformarono la trattoria del nonno “Tone” in un elegante ed accogliente ambiente.

Nessuno per continuare la tradizione

Al Corriere Bergamo il proprietario ha spiegato: «Tra i nostri collaboratori, alcuni con noi da molti anni e quasi di famiglia ormai, nessuno se l’è sentita di fare il salto da dipendente ad imprenditore. Le poche offerte arrivate non ci hanno convinto soprattutto perché stravolgevano l’identità dell’insegna. Meglio chiudere ed aspettare che si aprano, semmai accadrà, delle opportunità coerenti con la nostra filosofia».

Continuano a splendere intanto le novità di Natale, l'ultimo per la trattoria, che offrirà quindi i propri piatti ancora per un mese prima di chiudere. Innocenti entra nel merito delle difficoltà trovate nel cercare qualcuno che subentrasse: «Credo sia fondamentalmente un cambio di atteggiamento generazionale. I giovani che hanno voglia di impegnarsi in un’attività così impegnativa sono sempre meno. Quei pochi che si cimentano hanno quasi sempre un’altra visione, pensano di essere grandi chef senza aver fatto la necessaria gavetta, mirano ai riconoscimenti della critica più che alla soddisfazione della clientela. A me, ma direi in generale ai cuochi della mia generazione, bastava quella».

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