L'intervista

Paolo Aresi: «Il mio giallo a Pompei perché è il luogo del mistero»

Nuovo libro del giornalista e scrittore bergamasco. «Pompei è già un luogo di indagine. La cosa più naturale era ambientarci una detective story»

Paolo Aresi: «Il mio giallo a Pompei perché è il luogo del mistero»
Pubblicato:
Aggiornato:

di Fabio Busi

Le rovine di Pompei, battute da un sole spietato, il respiro del mare e un mistero. Siamo nell'estate del 1992, sconvolta dagli attentati a Falcone e Borsellino, davanti alla basilica dell'antica città viene ritrovato un cadavere carbonizzato. A indagare, il commissario Marchetti e Claudia Persico, una giovane giornalista che dal nord si è trasferita per lavorare al Mattino di Napoli. È il nuovo romanzo di Paolo Aresi, “Lunga notte al tempio” (Edizione Mondolibri).

Perché un giallo a Pompei?

«Perché è già luogo di mistero, di indagine. Una città antica, una civiltà di cui siamo eredi. La cosa più naturale era ambientarci una detective story».

C’è molto della sua biografia?

«Da tanti anni volevo scrivere un romanzo che rendesse omaggio a questo luogo. I miei nonni abitavano davanti agli scavi: mi sembrava normale, ma con il tempo mi sono sempre più accorto che quei luoghi sono pieni di magia e mistero. È il mio omaggio».

Rimandi alla sua vita?

«Un po’ tutto richiama il mio vissuto. Volevo dare soprattutto l'idea dell'atmosfera, l'aria del sud Italia. Quasi una filosofia di vita, quel prendere le cose con più calma».

Il processo creativo è stato laborioso?

«L'ho riscritto sei volte (la prima nel 1998), ma la storia è sempre la stessa. Arrivato all'ultima stesura, ho introdotto la protagonista femminile. Claudia viene mandata in questa redazione staccata di Pompei. La figura della giornalista porta una novità, incentrare tutto su un commissario sarebbe stato banale».

Come prosegue la vicenda?

«Dopo alcuni anni, i due sono ormai buoni amici. Lui la informa sullo strano caso, un omicidio agli scavi, una morte che richiama rituali esoterici. Man mano che procede, lei racconta l’indagine sul Mattino. Ma non tutto finisce sul giornale. Dopo una notte memorabile, con un fatto clamoroso, la donna avvia però un’indagine parallela».

L’elemento archeologico e storico influisce sulla trama?

«Sì, è molto importante. Anzi, potrei dire decisivo nel meccanismo dell’indagine».

È la prima volta che una donna è protagonista di un suo romanzo?

«No, la seconda. Ciascuno di noi ha un lato maschile e uno femminile: è bene che tutti e due si esprimano. Allo stesso tempo, la protagonista femminile mi serviva per prendere le giuste distanze dalla voce narrante ed esprimere meglio la mia artigianalità di scrittore».

Cos’ha scoperto?

«Ho cercato, ad esempio, di immaginare come una donna possa vivere un rapporto sentimentale».

È stato complesso cimentarsi con il giallo?

«No, l'importanza dell'indagine è qualcosa che sperimento quotidianamente come giornalista, sondare la realtà per capirla meglio. La fantascienza, in ogni caso, non è poi così distante. C'è molta indagine sul mistero. Penso ad Asimov, Bradbury».

A quale pubblico si rivolge?

«Per i bergamaschi può essere un viaggio esotico. Per i napoletani è curioso invece scoprire come un “oriundo” possa raccontare quella terra».

Anche lo scenario è protagonista.

«È importante il rapporto con la natura. Dietro casa dei nonni c’erano i campi, le contadine coltivavano i pomodori, e da ragazzo, per giorni, mi dedicavo con la famiglia alla preparazione delle conserve. Una natura meravigliosa, presente ancora oggi nella piana del Vesuvio. Ma nel libro c’è anche qualcosa del linguaggio, la cultura, le canzoni».

E la canicola?

«Il caldo è ossessivo. Ricordo la terrazza dove giocavo, era sempre assolata. Da una parte c’era una repulsione, ma dall’altra lo desideravo, il sole. Questi tratti ritornano: le ombre corte, il bitume che si scioglie. E poi il mare, a due chilometri, alla foce del Sarno. A un certo punto il commissario, di fronte alle stragi di mafia di quell’estate, vorrebbe lasciare tutto e andarsene».

Questo libro segna uno stacco per lei?

«In un certo senso. Ma è più complicato scrivere di fantascienza, perché bisogna inventare mondi. Qui la difficoltà è nell'andare in profondità, dire qualcosa di più sulle emozioni, sui pensieri dei personaggi».

Il giornalismo della protagonista aiuta?

«È fondamentale, per il modo di essere, di porsi. Ciò che sta intorno va indagato. La protagonista, poi, deve fare il doppio della fatica, perché è donna».

Perché questo libro merita di essere letto?

«Credo riesca a ricreare un mondo, il meridione d'Italia, e ci sono personaggi molto umani, a cui voler bene. Credo possano intrigare, emozionare e anche sorprendere».

Seguici sui nostri canali