Prezzi bassi e un sacco di roba: i perché del boom dei bazar cinesi in Bergamasca

di Paolo Aresi

In principio furono i ristoranti. A Bergamo il primo ristorante cinese aprì negli anni Settanta, nel passaggio San Bartolomeo, era la Muraglia. Poi aprì il Pechino e negli anni Novanta iniziò il boom che avrebbe fatto nascere tra città e hinterland molti locali orientali.

Dopo i ristoranti, a ruota, vennero i bar. Quindi i parrucchieri, gli estetisti, i sarti e i negozi di elettronica. Negli ultimi anni si sono affermati i bazar, grandi magazzini dove si trova di tutto e di più, a prezzi molto bassi. Dal binocolo di discreta qualità a quindici euro all’abitino grazioso a nove euro, al jeans a dodici euro.

I bazar cinesi funzionano bene e reggono anche là dove altre iniziative commerciali italiane non avevano avuto successo: per esempio il magazzino One Fashion di via Camozzi (dove si trovava una volta il Jolly), aperto ormai da qualche anno: accanto all’abbigliamento offre anche casalinghi ed elettronica, per esempio orologi. E ci sono dei veri supermercati come l’Hao Mai che a Curno dispone di due enormi negozi, uno vicino a Leroy Merlin e l’altro Hao Mai Mercatone sulla Briantea.

In questi magazzini si trova di tutto: abbigliamento, calzature, borse, detersivi, gadget, fiori artificiali e non, terriccio, vasi, lampade, stoviglie, stoffe, quaderni, bigiotteria, giocattoli, ferramenta, pneumatici, cavi elettrici... e via dicendo.

In Bergamo città si contano numerosi bazar cinesi. Uno di questi è il Panda Store di via Carnovali, nato nel 2018. È di proprietà della famiglia che lo conduce; hanno un sito Internet dove si legge: «Il marchio Panda non è casuale. Di proprietà della Lai Srl, è un simbolo porta fortuna della famiglia fondatrice che opera nel settore da diversi anni. L’obiettivo della Lai srl è l’offerta di prodotti di qualità a un prezzo onesto e accessibile a tutti» (...)

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