Clo’eT Design in via Quarenghi Regola numero uno: distinguersi
Il progetto di Paola Francesca Denti, originaria di Crema, è nato tre anni fa con l’idea di creare complementi d’arredo disegnati e realizzati dalle sue mani, e poi proposti come pezzi unici o comunque sempre numerati. Così, ha preso corpo il laboratorio Clo’eT Design, all’interno di una residenza storica in Via Quarenghi 5, nel cuore della città, il cui motto è: «Mi piace, me lo posso permettere. Il design al tempo della crisi». L’obiettivo è dunque quello di dare forma a oggetti di design e soluzioni d’arredo con materiali ecosostenibili, a prezzi sostenibili. Perché la natura di Clo’eT è quella di creare e amare ciò che è diverso e che si discosta dal tradizionale, per creare identità e distinzione, le stesse che trapelano da ogni individuo.
«Ecco – spiega Paola – perché desidero creare oggetti che non esistono e che andranno a coloro che vi si identificano nel gusto e nell’idea. Tutto infatti nasce proprio da qui. Da un’idea, che poi si traduce in qualcosa di materico, che acquisterà solo la persona che vi si riconosce». Determinata, testarda ma non capricciosa, cerca sempre di instaurare un rapporto diretto con il cliente, per conoscerne gusti e personalità. «Tutto ciò che Paola pensa – continua sorridendo l’artista – Clo’eT lo realizza. E non si limita solo a complementi d’arredo, come le Charlotte Light, lampade in cemento industriale, ma gioielli, sgabelli e grandi cuscini di carta».
Naturalmente, tutto ha un senso che va al di là dell’aspetto materico: le lampade in cemento sono, per esempio, a forma di casetta, perché è una delle prime forme che si imparano da bambini, dopo gli scarabocchi. E il cemento, fate bene attenzione, non è quello comune, grezzo, ma la malta è così fine che riesce ad arrivare ad una definizione dei dettagli davvero sorprendente. Non a caso Clo’eT ci fa dei moderni camei, dove il materiale riproduce i tratti sottilissimi di un volto di donna. Nelle idee di Paola molti sono i progetti. C’è Don_do, uno sgabello in ferro che dondola, e Olivia, capostipite della collezioni di gioielli firmata dal laboratorio. «È una collana che ha come ciondolo una chiave dei vecchi carillon – continua la ragazza – simbolo, tra l’altro, di Clo’eT. L’idea di trasformare quell’oggetto in gioiello è nata sulla base di un pensiero: la donna che lo indossa, è consapevole del fatto che sia proprio lei a determinare la carica positiva o negativa delle proprie giornate».
Principe assoluto di questo regno è però un’alga portafortuna, che viene direttamente dal Giappone. Il suo nome è Marimo, e Paola è colei che l’ha introdotta in Italia, circa due anni fa. Simbolo di amore eterno, rappresenta la storia di due ragazzi che, contrastati dalle famiglie, si sono spenti uno tra le braccia dell’altro e il loro cuore è diventato Marimo. Contenuta in barattoli trasparenti, sono il simbolo di un legame unico verso chi le riceve, e sono state protagoniste dell’edizione I Maestri del Paesaggio in Città Alta, sotto i portici della Biblioteca Angelo Maj, dove Paola aveva allestito una serra in vetro bianco, con all’interno complementi d’arredo e la preziosa alga. «Quest’alga verde, dall’aspetto rotondo e delicato, cresce 5 millimetri ogni anno, e nel 1921 è stata dichiarata Tesoro naturale giapponese – racconta ancora l’artista -. Viene regalata alla miglior amica, al collega di cui si ha stima, e ha mille significati profondi. C’è chi ne fa delle bomboniere per il matrimonio, e ultimamente ho dovuto realizzare delle ampolle da borsetta, perché alcune clienti vogliono portarla sempre con sé». In realtà non è l’unica perla d’estremo oriente. Nel laboratorio di Clo’eT ci sono le Kokedama – anch’esse all’interno dell’istallazione di Città Alta – una coltivazione priva di un recipiente artificiale, sostituito da una sfera realizzata con sei tipi di elementi naturali differenti. Sono coltivazioni poetiche poiché possono essere sospese.
Chi sono i clienti di questo luogo magico, dove nascono ogni giorno incantesimi? «La mia clientela non ha età – conclude con voce divertita la ragazza, che ha scelto da diversi anni la città di Bergamo, come nido ideale dove far germogliare le proprie idee -. Ci sono bambini che chiedono i Marimo, e ragazze che acquistano i camei. Oppure signore che chiedono il cuscino Ottavio, una divertente seduta che ha l'aspetto di enorme sacchetto del pane, ma al suo interno contiene solo aria. È anche capitato che il mio laboratorio venisse usato come set fotografico per una rivista newyorkese, Male Mode Scene, con il modello emergente Cristi Isofii. Proprio il grande cuscino diventò lo sfondo per uno degli scatti fotografici del servizio!».