Mettete giù gli smartphone Carta e penna fan bene al cervello

Le stiamo dimenticando. Carta e penna a poco a poco stanno diventando oggetti da museo, sostituite da tutte le forme di comunicazione digitale. E stiamo facendo un errore, perché per colpa delle new technology – che siano tablet, pc, smartphone, ma anche kindle per la lettura degli e-book – si stanno spegnendo alcune aree cerebrali. Quelle relative all’attenzione e alla concentrazione innanzitutto, e, come se non bastasse, questa moderna abitudine di digitare piuttosto che di odorare l’inchiostro e vedere esplodere un carattere grafico nero su bianco, sta anche modificando alcune connessioni neuronali. Sta accadendo tutto in breve tempo e la prova è scientifica: arriva da diversi studi internazionali.
Partiamo dai bambini. Saranno dei fulmini a gestire uno schermo digitale, trovare e linkare informazioni, ma avranno difficoltà ad allacciarsi le scarpe, ad andare in bicicletta e a fare tutte quelle cose più banali ma infinitamente utili nella vita quotidiana. Colpa di un cervello ipertecnologico che ha messo a tacere alcuni neuroni e molto di più, semplicemente perché per seguire il progresso si è scelto di affidare una delle principali vie di comunicazione – quella della scrittura - al digital, piuttosto che alla vecchia carta e penna. In una parola, il cervello avrebbe perso ad esempio parte della capacità di percepire le forme.
Lo ha dimostrato una ricerca condotta qualche anno fa da neurofisiologi francesi e norvegesi, pubblicata su Advances in Haptics. Scrivere su carta, infatti, attiva anche gli occhi e i movimenti della mano mentre crea una determinata lettera, consente di vedere e sentire pian piano le curve che nascono e compongono il segno grafico. Un fatto complesso, ma così naturale, che accende molte più aree cerebrali e funzionali di quanto possa fare invece la digitazione di quella stessa lettera sulla tastiera con un clic.
Leggere e scrivere accende il cervello. In un altro esperimento è stato chiesto a due gruppi di volontari di imparare un alfabeto sconosciuto di 20 lettere, in un caso scrivendolo a mano e nell’altro attraverso l’uso del computer. I risultati sono stati sorprendenti, perché dopo tre e sei settimane chi era ricorso alla tradizione antica di carta e penna, aveva appreso e ricordava meglio l'alfabeto rispetto agli studenti tecnologici.
Ma c’è ancora di più, perché prendere in mano la penna “accende” aree motorie cerebrali che sono attivate anche dalla lettura come attestano alcuni esperimenti condotti da ricercatori dell’Università di Bloomington, nell’Indiana (Stati Uniti). Ovvero la scrittura su un foglio insegnerebbe anche a leggere meglio, rinforzando le aree del cervello in cui si associano i suoni alle parole. Lo dice perfino la Cina, dove l’utilizzo sempre più frequente del sistema “pinyin” di trascrizione del cinese sulle tastiere QWERTY e l’abbandono degli ideogrammi scritti a mano, la fatto aumentare le diagnosi di dislessia (difficoltà di pronunciare correttamente le parole) e di altre difficoltà di lettura.
Cosa succede nel cervello quando si scrive con lo smartphone. Non tutta la tecnologia però attua sul cervello lo stesso tipo di reazione. Lo ha fatto capire una ricerca dell’Istituto di neuroinformatica dell’Università di Zurigo che ha sottoposto alcuni volontari, 27 proprietari di un telefonino di nuova generazione e 11 di cellulare vecchio stile, a elettroencefalogramma mentre utilizzavano i dispositivi, con l’intento di capire cosa accadesse nella corteccia cerebrale quando muovevano pollice, indice o dito medio della mano destra.
Ne è emerso che, benché gli organi e le funzionalità utilizzate per digitare siano le stesse, le aree di rappresentazione cerebrale delle dita variano e sono condizionate dalla differente tipologia di apparecchio impiegato Questo perché ogni parte del corpo sembra avere un proprio corrispettivo nella corteccia somatosensoriale cerebrale, in un’area dove vengono gestite le informazioni che vanno e vengono da quella singola zona. inoltre i ricercatori hanno dimostrato che queste aree sono flessibili e che la loro ampiezza cambia in base all’uso che viene fatto della parte del corpo corrispondente, influenzando la plasticità cerebrale. Tanto che i volontari che avevano usato lo smartphone nei dieci giorni precedenti avevano l’area cerebrale dedicata al pollice, che è anche il dito più usato per digitare sugli schermi dei nuovi cellulari, maggiormente ampia e sviluppata rispetto alle altre.