L'indagine

Tra i rider in Italia serpeggia il “caporalato digitale”: un caso anche a Bergamo

Alcuni soggetti prestavano il loro account a immigrati irregolari in cambio di una percentuale sui guadagni

Tra i rider in Italia serpeggia il “caporalato digitale”: un caso anche a Bergamo
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Il mondo del lavoro si evolve e, di conseguenza, lo fa anche il caporalato, che diventa digitale: carabinieri e forze dell’ordine hanno infatti scoperto un fenomeno diffuso di cessione account a diversi rider, che quindi lavoravano risultando, però, tutt’altra persona sul profilo online. Dopo un primo controllo, è sbucato già un caso anche a Bergamo.

In pratica, delle persone si iscrivevano come rider per una piattaforma di delivery, ma in realtà “affittavano” il loro account a soggetti terzi, che svolgevano effettivamente la mansione. Questo “servizio”, ovviamente illegale, veniva offerto a chi, per varie problematiche, non poteva lavorare fornendo i suoi dati reali, come ad esempio gli immigrati irregolari.

Le indagini partite nel 2019

In realtà, l’operazione si inserisce nello spettro più ampio di un’indagine nazionale, partita nel 2019 quando alcuni fattorini si erano infortunati o erano caduti vittime di incidenti mortali nella città di Milano. In quel contesto, erano emerse diverse irregolarità nelle modalità di impiego e lavoro, per cui le piattaforme di delivery avevano offerto, come nei recenti controlli, la loro piena collaborazione per accertare fenomeni di caporalato.

All’inizio, a causa della pandemia, molti rider avevano iniziato a cedere temporaneamente i loro account ad altre persone, mentre loro non potevano lavorare per malattia o perché si trovavano all’estero, a titolo gratuito. Poi, qualcuno ha cominciato a pensare che si potevano fare soldi chiedendo una percentuale a chi, non potendo rendere nota la sua vera identità, aveva bisogno che altri si registrassero al posto suo.

I controlli a Bergamo

La questione, seppure in maniera più contenuta, interessa anche Bergamo: i carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro, infatti, in collaborazione con il Comando Provinciale e gli agenti della Polizia locale, hanno effettuato giovedì 24 marzo scorso controlli su tredici rider. Tra questi, quattro svolgevano l’attività di consegna cibo utilizzando l’account di terze persone. Uno di questi, a sua volta, secondo i primi accertamenti sarebbe una vittima del “caporalato digitale”. L’individuo che gli ha ceduto il profilo – sospettano le autorità – avrebbe trattenuto una percentuale dai guadagni del lavoratore, mettendo quindi in atto un’azione di sfruttamento.

I dati nazionali

Per quanto riguarda il dato nazionale, in tutta Italia hanno fermato 1.609 fattorini. Su 823 lavoratori stranieri (la categoria più colpita, per ovvi motivi, dal fenomeno), si è scoperto che 92 lavoravano in cessione dell’account, ovvero l’11,2 per cento del totale. Tra gli immigrati, 23 erano irregolari. Le forze dell’ordine hanno individuato anche un minore che lavorava con un account prestato, che è stato riaffidato al proprio genitore. Nel corso dei controlli è inoltre emerso che diverse bicilette elettriche o a pedalata assistita, poi sequestrate, erano state modificate con batterie truccate o componenti illegali per renderle più veloci. Nella confusione, si è trovato anche un po’ di ingegno.

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