«Ansia a tempo indeterminato», troppa incertezza per gli educatori scolastici. Le testimonianze
Il sindacato Fp Cgil ha raccolto i racconti dei lavoratori e ha fissato un incontro sul tema per il prossimo 17 aprile alle 18.00 su Facebook
Basta una assenza, qualche giorno di malattia, la mancanza da scuola dello studente che assistono e la giornata, o il periodo, di lavoro vengono persi con importanti ricadute sullo stipendio di fine mese. Tale è la situazione di incertezza degli assistenti educatori scolastici, coloro che affiancano gli alunni disabili di elementari, medie e superiori, e spesso diventano figure di riferimento e di supporto per l'intero gruppo classe. Parlano di incertezza, di impossibilità di calcolare lo stipendio di fine mese, di «profondo senso di solitudine» e di «ampio malcontento» le testimonianze raccolte dal sindacato Fp Cgil che ha fissato un incontro sul tema per il prossimo 17 aprile alle 18.00 su Facebook.
La testimonianza «ansia a tempo indeterminato»
«Nel mio caso, lavorando part time 18 ore a settimana, lo stipendio pieno è di circa 800 euro al mese - è la voce di Laura, assistente educatrice da 22 anni -. Ma basta un esempio per rendere l’idea della nostra situazione: lo scorso novembre uno dei due studenti che seguo ha avuto un lungo periodo di malattia, così la mia busta paga mensile è stata di solo 370 euro. Fino ai primi anni 2000 lavoravamo come dipendenti comunali e avevamo assicurato tutto il nostro monte ore contrattuale. Poi la figura professionale è stata esternalizzata, con la conseguenza che ora non sappiamo mai quante ore effettive svolgeremo. Viviamo un vero e proprio stato di ansia a tempo indeterminato».
Mancanza di comunicazione
Spesso viene chiesto ai genitori dello studente con assistente educatore di segnalare l'eventuale assenza per tempo, ma talvolta questo non avviene o non è possibile. Si tratta comunque di una pezza messa a un sistema che in generale fatica a ingranare, perché, come ha racconta un'altra lavoratrice: «Non abbiamo accesso al registro elettronico, dunque spesso viviamo un’umiliante mancanza di comunicazione tra noi e i docenti, e talvolta solo per caso veniamo a conoscenza di quello che accade a scuola, che si tratti di gite o uscite di poche ore dall’istituto». Il risultato, per riprendere le parole di Laura, è un «Mi sento come un pacco, un reso Amazon».
Anche gli educatori dovrebbero chiedere di più
Della qui nasce l'«ampio malcontento nel nostro settore, dovuto a fatti tangibili di cui tutti parlano, ma per cui nessuno degli educatori fa niente» di cui parla Graziano Gatti Quadri, noto trombettista di Bergamo, che da tempo si divide tra musica e scuola. Continua rivolgendosi ai suoi stessi colleghi: «Non si può certo svolgere bene un lavoro così importante e delicato vivendo nell’ansia. In caso di assenze, capita di pensare alle proprie ore a fine mese, e di mettere questa questione davanti al benessere del ragazzo che assistiamo».
Cosa servirebbe
Ingalill Nordli e Diego Lodetti, che seguono la Funzione Pubblica Cgil di Bergamo chiedono «che a questi lavoratori si garantisca un salario anche nei casi in cui lo studente assistito manchi da scuola, per malattia o altro. Chiediamo poi che venga garantita una copertura economica attraverso un’indennità durante i mesi estivi non lavorati, come per gli altri lavoratori della scuola. Venga, inoltre, riconosciuto il loro livello professionale, come accade in tutti gli ambiti socio-sanitari-assistenziali-educativi, colmando così una lacuna legislativa. E si provi ad ampliare la recente sperimentazione dell’assistente educatore di plesso, che potrebbe essere utile per risolvere diverse criticità».