Super Mario, quelle mirabolanti partite ora diventano film
Un prodotto che titilla la nostalgia degli adulti e accende la curiosità dei bimbi con avventure leggere e sgargianti. C’era poco da dire, e gli autori non sapevano bene come dirlo
Di Fabio Busi
Dice molto delle tendenze del cinema attuale, questo adattamento del celeberrimo videogioco “Super Mario Bros” (per la regia di Aaron Horvath e Michael Jelenic). Un prodotto che titilla la nostalgia degli adulti e accende la curiosità dei bimbi, con un mondo pieno di avventure leggere, scanzonate, coloratissime.
Hollywood è in crisi di idee e storie: si pesca dai fatti di cronaca recente, dal mondo dei videogiochi (per non dire dei fumetti), le saghe del “Signore degli Anelli” e di “Harry Potter” vengono saccheggiate fino all'ultima pagliuzza. Nulla di nuovo, quindi, se non fosse che Mario appartiene a una stagione videoludica più antica dei vari “Tomb Raider”, “The Last of Us”, “God of War”. La stagione della grafica in 2d e dei percorsi a ostacoli con rocamboleschi salti su piattaforme e cubetti dai quali spuntano funghi che danno poteri eccezionali.
Non molta ciccia a livello di storie, quindi. Gli autori avrebbero dovuto metterci del loro per creare una vicenda degna di diventare film e in parte lo fanno, ma si focalizzano soprattutto su altro: trasformare in scene cinematografiche quelle meravigliose sequenze di salti e piroette in bilico sui mattoncini. Avendo poco da narrare, il film si alimenta dell'essenza stessa del videogioco: il giocare. Lo fa attraverso sfide che i vari personaggi lanciano al protagonista, e il divertimento in questi frangenti è assicurato.
Per quanto riguarda la narrazione, si nota il tentativo di dare un doppio ironico a quasi tutto quello che succede (mi viene in mente il fantastico “The Lego Movie”), ma non sempre questo funziona appieno, perché tutto sommato la storia non è così metanarrativa; è un'avventura a tutti gli effetti, con la principessa e la tartaruga-drago che minaccia il mondo (salvo poi lasciarsi andare a serenate d'amore). I buoni sentimenti di fondo cozzano con la filigrana ironica e caricaturale, che quindi ne esce smorzata. In fin dei conti, c'era poco da dire e gli autori non sapevano bene come dirlo. Inciampano quindi in una serie di cliché che fanno da contraltare alle mirabolanti scene d'azione.