Stefania Rota uccisa con il batticarne durante uno scatto d’ira
Ivano Perico ha deciso di parlare con i pm. «Era convinto di aver subito un’ingiustizia» relativamente al capannone a ridosso della sua abitazione, dicono i suoi legali
Il primo oggetto che gli è capitato a tiro l’ha usato per colpire la cugina, per sua stessa ammissione. Un batticarne, pare. Sono queste le nuove indiscrezioni sul delitto di Stefania Rota, 62 anni, nella sua casa di Mapello. Il cugino in seconda Ivano Perico, in carcere, vuole confessare tutto ai pm, come raccontano gli avvocati della difesa Stefania Battistelli e Piero Pasini, sentiti dal Corriere Bergamo.
Il gesto sarebbe legato a uno scatto d’ira, per un movente i cui contorni si stanno facendo via via più precisi: una pratica di condono edilizio per il capannone situato tra le due ville, quella della vittima e del suo presunto assassino. Un imbroglio, secondo Perico. Il rogo dello studio tecnico del geometra che si era occupato della faccenda, se la connessione tra gli eventi dovesse essere dimostrata, chiuderebbe il cerchio.
Il capannone era di proprietà della donna: ospitava l’ex officina del padre fabbro, con una coda di abusivismo a ridosso della proprietà confinante. All’interno ora c’è il magazzino di una società edile, che paga l’affitto, ma una parete della struttura è praticamente attaccata alla casa del cugino: il tetto in lamiera tocca la stessa facciata laterale della bella casa dell’uomo.
Secondo una prima ricostruzione, insomma, a Perico la cosa proprio non andava giù. Lo studio tecnico in via XI Febbraio, la stessa via del delitto, il 3 marzo è stato appunto colpito da un atto incendiario. Come da testimonianze riportate, ad appiccare il fuoco era stato un uomo sulla sessantina, portando una tanica di benzina vista in quei giorni vicino alla Ford Fiesta di Stefania, che però (anche se ancora nessuno lo sapeva) al tempo era già deceduta.