I pastelli di Paolo Carozzi a Treviolo, per salvare la luce della Roncola
Ugo Riva racconta il suo incontro e la sua amicizia con l'artista, mancato lo scorso anno. Dal 17 giugno l'esposizione al Centro Polifunzionale “Gianluigi Crippa”
di Fabio Busi
«Ci auguriamo che un giorno, davanti ai tuoi luminosi pastelli, non si debba mai dire: “Ecco com'era bella la Roncola!”». Sono parole di Ugo Riva che ben sintetizzano l'amore per l'arte che valorizza i luoghi dell'anima e che si contrappone, quasi in trincea, al senso di oppressione e di soffocamento per tutto quel cemento che sembra stringere d'assedio un luogo ameno e incantato come la frazione treviolese.
Le parole di Riva si riferiscono a una mostra personale, in programma dal 17 giugno al 2 luglio al Centro Polifunzionale “Gianluigi Crippa” in via Ambrosioni 26 a Treviolo.
Si intitola Paolo Carozzi - Paesaggi Roncolesi e vedrà la sua presentazione sabato 17 giugno alle 10, sul sagrato della chiesa di San Spiridione. Seguirà alle 10.30 l’apertura dell'esposizione, che sarà visitabile tutti i giorni, dalle 19 alle 22, ingresso libero.
«Torno a casa in bicicletta dallo studio e sulle “balze”, sotto un sole cocente, cappellaccio in testa, fazzoletto al collo, canottiera e pantaloncini corti, vedo un pittore che immortala, supportato da un classico cavalletto da “en plain air”, la piccola cappella di San Spiridione - racconta Riva -. Una visione d’altri tempi, da storia dell’arte. Una gioia immensa mi attraversa il corpo. Ma chi è? Che ci fa? Metto mano ai freni e inchiodo: “Ciao, non voglio disturbarti ma sono curioso”. “Nessun disturbo... anzi è un piacere...” Paolo mi accoglie con voce pacata, un sorriso dolce, leggero. “Che fai?” e lui mi ragguaglia sul nuovo esperimento del “dipingere” con i pastelli, quelli duri dei bambini, quelli che hanno bisogno ogni due per tre di farci la punta con il temperino. Mi parve una cosa un poco folle. Tra me e me dico: “Voglio vedere cosa fa... e quanto resiste”».
«Decido di “tenerlo d’occhio” e ogni giorno spero di trovarlo lì al lavoro. La speranza della sua presenza dava adrenalina alla mia giornata. Mi faceva sentire meno solo (...)