In Bergamasca la ristorazione si sta riprendo: meno chiusure, alta percentuale di imprese femminili
Il primo Osservatorio sui pubblici esercizi Ascom Confcommercio Bergamo, con i dati di Infocamere, fotografa croci e delizie del territorio
A Bergamo nel settore della ristorazione le nuove imprese sono meno di quelle che chiudono. Un dato quindi ancora negativo, ma con un meno molto vicino all'arresto (-0,2 per cento). È questa una delle percentuali più più importanti tra quelle emerse dal primo Osservatorio sui pubblici esercizi Ascom Confcommercio Bergamo, un monitoraggio realizzato in collaborazione con Fipe Confcommercio, su elaborazione dati Infocamere (fonte Cruscotto Dataviz).
Meno chiusure e meno aperture in Bergamasca
Il territorio bergamasco risulta più stabile, in quanto i dati mostrano come nel primo trimestre 2023 siano state meno le aperture e meno anche le chiusure. Le nuove aperture registrano infatti un tasso al +18,8 per cento, decisamente inferiore rispetto a quello lombardo del +28,8 per cento e quello italiano + 33,8 per cento. Allo stesso tempo, si sta sempre più arrestando la drammatica crescita delle cessazioni con il +2 per cento di Bergamo, contro il +17,7 per cento della Lombardia e il + 29,1 per cento nazionale. Il saldo negativo tra natalità e cessazioni, dopo tre anni di grandi difficoltà, sta diminuendo e potrebbe tornare presto in attivo. Anche il turnover che caratterizza la categoria dopo l’impennata degli ultimi mesi sta tornando ai livelli pre pandemia.
Importante capire i dati
Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo, sottolinea l'importanza di questa analisi: «Un focus importante per analizzare lo stato del comparto, accompagnare le imprese ad affrontare cambiamenti negli stili di consumo, cercare risposte alle nuove difficoltà nel trovare personale anche nel pieno della stagione estiva, oltre che toccare temi di grande attualità come l’equilibrio tra attività ad alto appeal turistico e residenti nei centri storici». È vero anche che il settore della ristorazione è ampio e variegato. Pertanto, è bene osservare i dati per comparti.
Tavole calde e tavole fredde in equilibrio
Tre sono i macrocomparti: i bar e pubblici esercizi normalmente non hanno cucina e quindi non erogano pasti ma tavola fredda e bevande che sono 2.700 pari al 46,7 per cento degli esercizi; le imprese che somministrano o vendono cibo sono 3.084, pari al 52 per cento; gli esercizi del catering e delle mense sono 81 pari all'1,4 per cento. Mentre il settore dei bar con licenza da pubblico esercizio, pur con caratteristiche e vocazioni diverse costituisce un unico comparto, quello del catering si compone di tre microsettori: 34 mense, 7 catering su base contrattuale e 40 imprese di catering per eventi e banqueting.
Piccole o micro attività prevalgono
La dimensione comune è quella della piccola, se non micro, attività. I bar sono nella maggior parte di piccola dimensione: sessanta per cento nella categoria entro i tre dipendenti, 30 per cento nella categoria entro i nove dipendenti per scemare come percentuale nella categoria oltre i dieci addetti e oltre. I ristoranti sono variegati: pur essendo presenti anche nei micro con il venti per cento nella categoria fino a tre addetti ed in quelli grandi con il 40 per cento nella categoria sopra i cinquanta dipendenti, si esprimono maggiormente nelle dimensioni da quattro a nove dipendenti, con quasi il cinquanta per cento e molto nella fascia da dieci a 49 dipendenti con oltre il sessanta per cento degli esercizi. La ristorazione senza somministrazione o per asporto, salvo qualche caso di impresa di grande dimensione, si esprime nella media in tutte le categorie fino a nove addetti. Le gelaterie si distribuiscono abbastanza uniformemente su tutte le dimensioni dal micro al grande.
Giovani e donne in ripresa
Bergamo con il 32 per cento di imprese femminili dei servizi della ristorazione, raggiunge la percentuale più alta del totale della Lombardia (27 per cento) e dell’Italia (28per cento). Nonostante abbiano patito molto la pandemia, oggi presentano buoni segnali di ripartenza. Le imprese che hanno sofferto di più nell'ultimo anno sono però quelle giovanili, attualmente l'11 per cento del totale e sono pari alla percentuale regionale e nazionale. Sono per il 39 per cento imprese femminili e per il 28 per cento straniere con percentuali quindi molto alte.