Delitto di Cavernago, Federico Gaibotti rimane in carcere. Il motivo del litigio finito in tragedia
Dopo l'interrogatorio col gip sono state ricostruite le dinamiche dell'omicidio: il giovane doveva ripagare un debito da 200 euro per droga
Rimane in carcere Federico Gaibotti, il trentenne che nel pomeriggio di venerdì 4 agosto scorso ha ucciso a coltellate il padre Umberto, 64 anni, nella sua abitazione a Cavernago. L'aggressione è scattata in casa, ma poi la vittima è stata finita in giardino, sotto un albero.
Il motivo del delitto sarebbe un litigio per i debiti di droga del figlio, che da anni aveva problemi di tossicodipendenza. La legale del giovane, Miriam Asperti, aveva chiesto il trasferimento in una comunità di recupero, ma il gip Vito di Vita, dopo l'interrogatorio, lo ha negato, stabilendo che resterà in via Gleno. Dietro le sbarre il giovane continua a ripetere di essere una nullità e di non valere niente, forse resosi conto di quanto ha fatto pochi giorni fa.
L'arrestato doveva ripagare la droga
Dalle risposte di Gaibotti davanti al magistrato, come riportato oggi (martedì 8 agosto) dal Corriere Bergamo, si sono ricostruite le dinamiche di quanto accaduto il giorno del delitto. Lui assicura che non aveva assunto sostanze, ma aveva bevuto. Era andato a casa del genitore, che in quel momento non c'era, per prendergli un iPad: voleva usarlo per ripagare un debito di droga da duecento euro. La donna incinta che poi si è sentita male fuori dall'abitazione l'avrebbe accompagnato sul posto proprio a quello scopo. A una vicina, con cui ha parlato poco prima della tragedia, il ragazzo avrebbe detto il motivo per cui era lì, aggiungendo che sistemata la questione l'avrebbe fatta finita.
La lite degenera in accoltellamento
Il tutto sarebbe precipitato all'arrivo del padre che, scoperto il motivo per cui il figlio era lì, si sarebbe arrabbiato e ne sarebbe scaturita un'altra discussione, con anche degli spintoni. Un alterco degenerato in accoltellamento, con Federico che ha colpito con diversi fendenti Umberto, il quale è stramazzato a terra in giardino, chiedendo di chiamare i soccorsi perché stava morendo. L'intervento dei sanitari è stato inutile: le ferite erano troppo gravi e aveva perso molto sangue. Il giovane, poi, si è rifugiato nella macchina della 31enne con cui era arrivato poco prima. Quest'ultima, all'arrivo dei carabinieri, avrebbe ingerito delle dosi di stupefacenti, finendo ricoverata in ospedale.
I militari hanno sequestrato tre coltelli, tra cui quello da cucina e un altro comprato poco prima dal trentenne in un negozio cinese, con l'intento di usarlo su se stesso. Il gip ha disposto un approfondimento di perizia sul giovane da parte dello psichiatra Massimo Biza, che ne aveva effettuata già una in precedenza. Nel frattempo, vengono fuori diversi episodi di discussioni e atteggiamenti fuori controllo nei confronti dei genitori.
Condannato a sei mesi a luglio
Il caso più eclatante a fine giugno: l'arrestato viveva a casa della madre, ex infermiera del Bolognini ora in pensione. L'aveva accolto a patto che si rimettesse in carreggiata, entrando in una comunità del Bresciano non appena ci fosse stato posto. Una sera, però, lui era uscito, probabilmente per cercare droga. La donna gli aveva detto chiaro e tondo che, se avesse varcato la porta, non l'avrebbe più fatto rientrare. Infatti, al ritorno l'aveva lasciato fuori e lui aveva dato un'altra volta in escandescenze. Intervenuti i carabinieri, aveva comunque cercato di scavalcare il cancello e un militare, nel tentare di fermarlo, era rimasto ferito.
La madre aveva sporto querela nei confronti del figlio. Non l'aveva ritirata nemmeno dopo una lettera di scuse, forse esasperata da una situazione che sembrava senza speranze. Intanto lui era stato arrestato per direttissima, ma a processo gli avevano dato sei mesi con pena sospesa, perché il padre Umberto aveva offerto 250 euro di risarcimento al carabiniere ferito e Federico, dopo aver scritto le sue scuse anche al militare, aveva promesso di andare in comunità. Da cui poi, però, se n'era andato qualche giorno prima dell'omicidio.