Profughi all'Hotel La Rocca, il sindaco di Romano scrive alla prefettura: «Nemmeno in carcere queste condizioni»
A inizio giugno erano arrivati 25 richiedenti asilo, ma adesso sono diventati 160. La struttura, però, ne può accogliere al massimo 122
Lettera di protesta alla Prefettura del sindaco di Romano di Lombardia, Sebastian Nicoli, che evidenzia la situazione creatasi all'Hotel La Rocca: la struttura, nella quale a inizio giugno erano arrivati 25 migranti, adesso ne ospita 160, ma è attrezzata per ospitare al massimo 122 persone. A riportare la vicenda sono i colleghi di PrimaTreviglio.
Il sindaco contesta la gestione dei migranti
Già al tempo il fatto aveva generato scontri tra l'Amministrazione e l'opposizione di centrodestra, ma nemmeno il primo cittadino era sembrato particolarmente contento della decisione da via Tasso, a detta sua comunicata come se fosse già un dato di fatto. Un'opinione che ha confermato anche nel testo, spiegando che all'interno dell'edificio si è creata una situazione tale per cui «nemmeno in carcere ci sarebbero quelle condizioni». A infastidire Nicoli, in particolare, sarebbe il fatto che l'Amministrazione sarebbe rimasta tagliata fuori dalla situazione:
«Si sono messi letti a castello nelle stanze che sono diventate una sorta di celle in cui sono ammassate delle persone in uno stabile che, è bene ricordarlo, non ha una cucina, non ha una sala mensa e che quindi richiede, per esempio, il consumo dei pasti in camera, sul letto: penso che nemmeno in carcere avvenga questo».
Il controllo degli ospiti
Il primo cittadino ha inoltre contestato la gestione dei richiedenti asilo da parte della cooperativa "VersoProbo", soprattutto in merito al controllo delle persone ospitate, a suo dire lasciando liberi giovani uomini per la città senza che ci sia alcun tipo di accompagnamento. Persone che si accamperebbero negli spazi comuni, nonostante le rassicurazioni per via telefonica che l'ente in questione avesse tutte le carte in regola e stava mettendo in atto i programmi previsti.
«Sono il sindaco di questa città da nove anni, credo di avere rapporti e relazioni con tutti gli enti di Romano di Lombardia e so che nessuno di questi è mai stato sollecitato per, almeno, cercare di costruire dei contatti, delle esperienze, delle relazioni territoriali che non siano solo quelle che prevedono di “parcheggiare” delle persone in struttura per poi farle defluire sul territorio cittadino durante il giorno senza alcuna meta o scopo, creando situazioni di bivacco incontrollato».
Il problema dei minorenni
Altra questione ancora la gestione dei minorenni arrivati tra questi migranti, che devono essere assistiti dai Servizi sociali del Comune, che però sono già gravati dai casi sul territorio e non sono minimamente attrezzati per prendere in carico un numero significativo di ragazzi, arrivati in maniera così improvvisa. Il rischio è che i costi superino il rimborso garantito dallo Stato all'Amministrazione, che in questo caso specifico non può permettersi di mettere a bilancio altre spese straordinarie. I minori, poi, dovrebbero anche essere ricollocati in strutture protette adeguate, un altro aspetto che rischia di non venire seguito correttamente se gli uffici entrano in crisi, dovendo gestire un elevato numero di casi.
Il rischio crisi sociale
«Quella che si è creata a Romano é una “bomba sociale ad orologeria” che non è pensabile sia scaricata su un ente locale. Ho richiesto che la Prefettura effettuasse un’ispezione presso lo stabile e che alla stessa fossi invitato, rappresentando l’ “autorità locale di pubblica sicurezza”. Non ho avuto alcun riscontro in tal senso e se un’ispezione è stata effettuata, di sicuro, nessuno mi ha avvertito».
Nicoli ha inoltre reso noto che la Polizia locale sarebbe venuta a conoscenza della ricollocazione dei migranti dai media, quindi non sarebbero stati avvisati direttamente. Gli agenti su sua richiesta avevano poi effettuato un sopralluogo, scoprendo l'elevato numero, molto maggiore di quello iniziale, degli individui nella struttura.
«Il mio compito è quello di amministrare questa città e di poter dare risposte ai cittadini che qui vivono così come quella di poter avere garanzie e rassicurazioni dagli Enti preposti nella gestione di questo fenomeno che, mi sembra dover constatare, dal sistema statale non è gestito se non come forma di collocazione forzata sul territorio di persone, caricando gli Enti locali del problema. In base alle informazioni che ho o che, in completa autonomia, ho dovuto reperire, purtroppo oggi queste risposte e queste rassicurazioni ai miei cittadini non posso darle e questo mi impedisce di poter svolgere in modo adeguato il mio compito».