Vulnerabilità al Covid legata ai Neanderthal, i familiari delle vittime: «Non sia interpretata come scusante»
L'associazione che li riunisce chiede che lo studio non venga usato impropriamente da altri
La maggior vulnerabilità al Covid legata a dei geni dell'uomo di Neanderthal: questa la scoperta del progetto Origin dell'Istituto Mario Negri, che ha effettuato uno studio su diecimila persone in Val Seriana, territorio com'è noto tra i maggiormente colpiti nella prima ondata della pandemia.
Oggi (venerdì 15 settembre), però, questo fatto ha portato a una dichiarazione dell'Associazione familiari delle vittime Covid che, pur riconoscendo quanto reso noto, auspica che la ricerca non venga utilizzata per imputare al solo aspetto genetico quanto accaduto in quella zona della Bergamasca nel 2020.
La dichiarazione dei familiari delle vittime
I risultati sono stati presentati ieri nel corso di un convegno ospitato dal presidente della Lombardia Attilio Fontana. Pubblicato sulla rivista iScience, lo studio dimostra quindi che una certa regione del genoma umano si associava in modo significativo col rischio di ammalarsi in forma grave.
«Se i geni di Neanderthal possono aver contribuito alla diffusione del virus nella prima fase ‘esponendo le persone ad una malattia più severa' come ha detto Giuseppe Remuzzi, non possiamo che rimarcare il nostro disappunto per come sia stata interpretata la notizia, togliendo responsabilità a chi ne ha avute nella gestione della prima fase della pandemia - ha commentato l’Associazione -. Le archiviazioni del Tribunale dei Ministri di Brescia ci dicono che il reato di epidemia colposa non è configurabile e quindi le persone coinvolte dall’indagine di Bergamo, tra cui lo stesso Fontana, ma anche l’allora premier Giuseppe Conte e l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, non sono rinviabili a giudizio. Ma le loro decisioni o mancate decisioni hanno indubbiamente influito nella circolazione del virus e nell’alto tasso di mortalità, soprattutto in Bergamasca, ma anche nel resto d’Italia».
Il gruppo ha anche ricordato quelle che a suo parere sono state le mancanze delle persone coinvolte dall'inchiesta Covid, ovvero la mancata zona rossa a Nembro e Alzano, il mancato tracciamento, il piano pandemico nazionale e regionale e il mancato adempimento degli obblighi di legge. «Attraverso i nostri legali, abbiamo portato all’attenzione della Procura di Bergamo e del Tribunale Civile di Roma dove la causa contro Governo, Ministero della Salute e Regione Lombardia è ancora in corso».
Il confronto in televisione
In mattinata, tra l'altro, l'avvocato dell'associazione, Consuelo Locati, si è confrontata su Rai3 ad "Agorà" con Remuzzi e Matteo Bassetti: un'occasione per chiarire, anche al grande pubblico, alcuni dettagli della ricerca (la puntata la potete trovare qui, l'argomento a circa un'ora dall'inizio). Locati, in collegamento dall'ospedale di Seriate, ha tenuto il punto sulla necessità, per i familiari delle vittime, di non giustificare l'elevato numero di morti in Val Seriana semplicemente con una motivazione di genetica.
D'altra parte, il professor Remuzzi ha ribadito il proposito esclusivamente scientifico del progetto Origin, che certo non mirava a rendere esenti da colpe giuridiche eventuali indagati o iscritti all'indagine. Ha inoltre chiarito come lo studio si sia concentrato sulla popolazione di quel settore della Bergamasca, ma che non sia da escludere la presenza di questi fattori nel Dna di soggetti di altre popolazioni locali in Italia. Tuttavia, ha aggiunto, sarebbero necessarie ulteriori approfondimenti in quelle zone.
Il dato forse più evidente nella ricerca, come evidenziato dallo stesso Remuzzi, è che l'incontro delle due specie, Sapiens e Neanderthal, avvenuto in epoca preistorica, ha portato a conseguenze negative nell'epoca recente.
Non ci sono parole. . Una vergogna!
Come dire che meritavamo di morire perchè Neanderthal, quindi rimasti all'età della pietra? Invece al sud tutti geni evoluti, come i neri che non si sono mai ammalati. Mi pare una tesi piuttosto razzista.