Pensioni sempre più povere in Bergamasca: in cinque anni due mensilità in meno
Per la Fnp-Cisl è necessario puntare sulla previdenza complementare, rivalutando sulla base dell'inflazione
Fino a due mensilità in meno: è quanto perdono i neo pensionati bergamaschi rispetto ai loro colleghi di cinque anni fa.
Dall’analisi che la Fnp-Cisl di Bergamo ha compiuto sui dati Inps di quest'anno, infatti, emerge che gli assegni che stacca ai sessantenni andati in pensione nel 2023 pesano mediamente 217 euro in meno, ogni mese, rispetto alla prestazione del 2018. I calcoli del sindacato, quindi, sono di 2.800 euro in meno all’anno. Rimane poi il tradizionale problema dell’assegno femminile, che vale almeno un terzo meno di quello maschile.
Diminuiscono le pensioni
Nel 2022 sono state erogate 328.635 pensioni, per un importo medio di 1.120,92 euro. Nel 2018 le pensioni erano invece 321.414, per un importo medio di 1.015,50 euro. Quest’anno, i pensionati in totale sono 333.554 e percepiscono mediamente un assegno di 1.185,33 euro.
Rispetto ai dati del 2022, la differenza negli assegni per i pensionati “giovani” (sotto i 60 anni) è di 48 euro per gli uomini e di 28 per le donne. Se il raffronto viene fatto con i dati del 2018, questa differenza cresce mediamente di cinque volte per gli uomini (-217 euro) e sei per le donne (-170 euro).
«L'analisi quest’anno ha rinforzato le preoccupazioni per i valori delle pensioni – ha detto Roberto Corona, segretario della Fnp Cisl di Bergamo -: prima dei sessant’anni, le pensioni vengono compresse, perché il contributivo sta spingendo sempre più verso il basso. Rispetto a cinque anni fa la riduzione diventa veramente tragica: quasi due mensilità all’anno vengono perse. Diventa obbligatorio lavorare molto di più, per avere un'adeguata pensione, addirittura non bastano più i 42 anni di anzianità. Questa situazione si è creata sia per il mancato adeguamento delle pensioni all’inflazione, sia per la mancanza di una riforma positiva e lungimirante. Di questo passo, tra pochi anni, avremo una massa di pensionati poveri ben più consistente di quella attuale, nonostante l’uscita pensionistica effettuata dopo oltre 35 anni di attività».
Chiesta rivalutazione e la pensione di garanzia
Da tempo, il sindacato rivendica la necessità della rivalutazione di tutte le pensioni all’inflazione, per salvaguardare il costo della vita, e per i giovani l’attuazione della pensione di garanzia.
«Dato allarmante è anche la differenza degli assegni tra maschi e femmine, sempre vicino alla metà a favore degli uomini: ancora, dopo decenni di discussioni e trovate elettorali, non vengono conteggiati gli anni al servizio della famiglia, sia verso i figli che verso i genitori. In generale – conclude Corona -, per il futuro bisogna insistere sui giovani, perché aderiscano maggiormente al percorso delle pensioni complementari contrattuali, così da garantirsi un futuro dignitoso. Dobbiamo tutti attrezzarci nel pubblicizzare la colonna complementare per la costruzione delle pensioni per i giovani, creandogli un salvagente utile per il loro futuro».