La seduta di stasera (lunedì 16 ottobre) del Consiglio comunale a Palazzo Frizzoni si preannuncia complicata: verrà infatti presentata una mozione di censura nei confronti dell’assessore alla Pace, Marzia Marchesi. Si tratta di una questione delicata, sia per le dinamiche con cui è maturata sia per le possibili implicazioni politiche, che potrebbero portare anche a una successiva sfiducia nei suoi confronti.
I motivi e le richieste nella mozione
Il motivo? Un documento – da lei condiviso e rilanciato su Facebook – sulla questione israelo-palestinese del Coordinamento bergamasco degli Enti provinciali per la pace, a cui aderisce anche l’esponente della Giunta di Giorgio Gori. Un testo che, però, a detta di chi critica l’assessore, cioè Simone Paganoni (consigliere di maggioranza), farebbe intuire una posizione filopalestinese, quando invece dovrebbe mostrarsi «libero da pregiudizi e visioni di parte».
A causa di questa presunta connotazione e «per la superficialità dimostrata nella stesura di un documento sulla pace e per la faziosità», si chiede che il Consiglio comunale censuri l’operato dell’assessore e che il Comune ne proponga «l’integrazione con le dovute richieste a tutte le parti coinvolte in questo conflitto». Il fatto si potrebbe definire degno di nota, in quanto nella mozione di Paganoni, proposta contro un alleato, risulta co-firmataria l’opposizione di centrodestra, insieme ai Cinque stelle.
«Documento di parte»
Ma quali sono i rilievi che il membro di Patto per Bergamo fa alla “collega” della coalizione? «Si dichiara – ha spiegato – che per arrivare ad una pace gli unici a dover riconoscere dei diritti, fermare le violenze, i bombardamenti, gli arresti, le deportazioni e le violazioni di tutti i fondamentali diritti umani sono solo gli israeliani».
Il passaggio ritenuto discutibile, nello scritto condiviso da Marchesi, sarebbe quello in cui si descrivono «tanti lunghi e dolorosi decenni di occupazione militare, uccisioni mirate, bombardamenti, guerre, arresti, repressione indiscriminata, abusi, umiliazioni, deportazioni, apartheid e violazione di tutti i fondamentali diritti umani, ampiamente documentati delle Nazioni Unite – che dimostrerebbero quindi – il fallimento di tutte le opzioni militari». Con la necessità, di conseguenza, da parte delle autorità politiche internazionali di far «rispettare il diritto internazionale dei diritti umani, la legalità internazionale e le risoluzioni delle Nazioni Unite. Israele e Palestina: due Stati per due popoli».
Le critiche alle autorità palestinesi
Secondo Paganoni, invece, per promuovere il dialogo e la pace sarebbe comunque necessario che a fare qualche passo siano entrambi gli schieramenti, tenendo conto che si dovrebbe «chiedere l’immediata e incondizionata liberazione degli ostaggi rapiti e deportati a Gaza dai terroristi, fermare e condannare gli attentati in Israele e nel mondo, bloccare i vitalizi versati dall’autorità palestinese ai detenuti condannati per terrorismo».
Oltre a ciò, il consigliere ha ricordato che le autorità di Gaza non hanno accettato di «firmare almeno uno dei trattati di pace che prevedevano la nascita dello stato palestinese a fianco di Israele (2001, 2008), proposti da quest’ultimo (come quelli firmati fra Israele, l’Egitto e la Giordania, gli accordi di Abramo con Emirati Arabi, Marocco e Bahrein)». Nella mozione si accenna anche ai milioni di euro e dollari, a fondo perduto, che arrivano da Europa, Stati Uniti, Onu e Paesi arabi per sostenere lo sviluppo delle terre riconosciute come palestinesi dalle Nazioni unite, che però verrebbero utilizzati per costruire e ottenere «razzi, bombe, tunnel per assaltare civili israeliani» o per «organizzare bande di terroristi armati».
Ci sarebbe poi il dettaglio delle libere elezioni per i palestinesi, che non si svolgerebbero da 17 anni «per colpa delle loro autorità», ma anche la necessità per i consiglieri firmatari che Gaza riconosca lo Stato di Israele, rinunci al terrorismo e accetti gli accordi già firmati, ma che sia anche cancellato dalla carta fondativa di Hamas il progetto di distruzione di Israele e della comunità ebraica.