Scuola e problemi

Bergamo costa troppo e lo stipendio non basta: gli insegnanti se ne tornano al Sud

Ai docenti, tra affitto e bollette, rimane poco o niente senza il sostegno della famiglia: meglio fare il supplente a casa

Bergamo costa troppo e lo stipendio non basta: gli insegnanti se ne tornano al Sud
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Rimanere a insegnare in Bergamasca? No, meglio tornarsene al Sud, anche per un posto da precario. Questa la risposta che devono essersi dati molti degli insegnanti che, nella nostra provincia, hanno fatto richiesta di trasferimento per l'anno scolastico in corso: 1.609 le domande in tutto, di cui l'83 per cento per tornare nel Meridione.

Elevato costo della vita

La causa principale, come riportato oggi (lunedì 13 novembre) da L'Eco di Bergamo, è l'elevato costo della vita: Bergamo, come sottolineato da Cisl Scuola, è la quinta città più cara d'Italia per lavoratori e studenti fuori sede. Al Sud, con lo stipendio che si prende si riesce a condurre una vita dignitosa, anche nel caso si abbia famiglia.

Da noi, invece, l'affitto e le bollette si portano via gran parte di quanto si guadagna e, senza i parenti a offrire un sostegno economico, in molti casi è improbabile farcela. Senza contare che, per chi arriva in terra orobica e cerca un appartamento, all'inizio ci sono mesi d'affitto da anticipare, ma anche la caparra, il tutto con una retribuzione che si aggira intorno ai 1.300-1.400 euro e che basta a malapena per i costi abitativi.

I numeri dei sindacati

Sono proprio i sindacati a fornire alcuni numeri del fenomeno: a Bergamo, secondo i dati Flc-Cgil, le domande di trasferimento provinciale o interprovinciale sono suddivise tra 1.055 docenti e 555 lavoratori Ata e, su un totale di circa 23mila insegnanti e bidelli in servizio nelle scuole della nostra provincia, l'hanno ottenuto 209 docenti e 83 Ata, con 199 insegnanti rientrati al Sud.

Ma da chi è composto quell'83 per cento di docenti che torna nel Mezzogiorno? La gran parte (37 per cento) rientra in Sicilia, poi c'è la Campania (14,5 per cento), la Calabria (11,5 per cento), la Puglia (10 per cento) e l'Abruzzo (5,4 per cento). In Lombardia, invece, il 61 per cento su 19mila domande di trasferimento era riferita a sedi fuori regione, di cui l'85 per cento in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Le quali presentano tutte, al contrario, tassi di trasferimento molto bassi e, comunque, più che altro verso regioni di confine.

In ogni caso, nonostante l'esodo, la precedenza è data a chi può usufruire della legge 104 oppure vanta una certa anzianità, ma comunque c'è anche una questione di posti limitati. Più facile l'opzione per il sostegno, con molte offerte anche nel Meridione, perché le certificazioni degli alunni sono in aumento. Un aspetto, anche quello degli insegnanti di sostegno, che pone delle questioni, dato che l'elevata richiesta fa sì che, su 3.088 posti in totale nella Bergamasca, 1.632 sono ricoperti da supplenti non specializzati.

Commenti
Maurizio

Han già detto tutto i due commenti precedenti. Graduatorie del tutto discriminanti e costo della vita non livellato. Bisognava rimediare prima ma non si è voluto cambiare l'andazzo.

Giovanni

Argomento molto complesso. 1) Perchè così tanti docenti provenienti dal sud ottengono il posto da noi mentre i "residenti" (padani doc e meridionali d'origine non fa differenza) sono sempre dietro? 2) Perchè il problema del caro vita è un problema solo se lo è per i docenti meridionali che tornano giù? Gli altri che sono nati qui o vivono qui stabilmente non hanno lo stesso problema di caro vita senza neppure la soluzione di tornare al paese d'origine? Mi viene in mente una sola risposta: discriminazione territoriale. A nostro danno ovviamente, anche se ai mass media piace raccontarla al contrario. Sempre.

Francesco Giuseppe

Una delle primissime proposte che la Lega nord fece, più di 30 anni fa, oltre al federalismo e all'indipendenza del nord, che se fossero state attuate dai governi vari avrebbero evitato questi problemi, fu proprio quella delle "gabbie salariali". Stipendi differnziati al nord e al sud, in base al costo della vita delle varie zone. Tutti sappiamo che al sud il costo della vita è meno della metà del nostro, ma i vari sindacati, fintamente difensori dei lavoratori del nord, della Lombardia in particolare, si sono sempre opposti, in nome dell'uguaglianza. Non si sono mai preoccupati dell'uguaglianza del costo della vita, ovviamente. I loro scioperi e manifestazioni, fatti sempre e rigorosamente di venerdì per allungare il fine settimana a casa, così come le manifestazioni per il clima, NON si sono mai occupati di questo enorme problema, solo per non rendere evidente a tutti che già 30 anni fa avevano ragione la Lega e Bossi. Ivari governi e i vari presidenti della repubblica, tutti rigorosamente meridionali, se ne sono sempre altamente sbattuti dei problemi di Lombardi e Veneti, occupandosi solo di favorire il sud in ogni modo (con stipendi altissimi rispetto al loro costo della vita, con concorsi pubblici sempre loro favorevoli, con votazioni scolastiche altissime al nostro confronto, ecc.), con questi risultati. Il nostro impoverimento è ormai evidente; anche a noi costa carissimo una casa, una bolletta, muoverci e pagare le tasse che i governi dal 2012 ad oggi hanno sempre aumentato, ma di questo ai romani dello stato non è mai fregato e non frega nulla! Uno st<to come questo che da trent'anni umilia i cittadini del nord, non dovrebbe neppure esistere.

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