Cos'è successo

Neomamma con Partita Iva: «Ho dovuto pagare per ricevere la maternità»

Il caso denunciato da Nidil-Cgil e Inca Bergamo: «Un'ingiustizia e una violazione del diritto alla maternità»

Neomamma con Partita Iva: «Ho dovuto pagare per ricevere la maternità»
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Dopo avere partorito lo scorso giugno, solo metà dell’indennità di maternità che si aspettava di ricevere le è stata effettivamente erogata. È accaduto a una giovane neomamma lavoratrice con Partita Iva che si è rivolta, il mese scorso, agli uffici di NIDIL-CGIL di Bergamo: né il commercialista, né gli uffici dell'Inps erano infatti riusciti a spiegarle il motivo.

Nidil, insieme al patronato Inca Cgil, hanno fatto chiarezza sul nodo: è stato il meccanismo di conteggio dei mesi coperti a danneggiarla, in quanto lavoratrice iscritta alla Gestione Speciale commercianti Inps. Verosimilmente, fanno sapere dal sindacato, sono molte altre le neomamme che si trovano nella sua stessa condizione, «in virtù di un'interpretazione iniqua della normativa».

«Mio figlio è nato a metà giugno - ha raccontato la donna, che lavora per un'agenzia di assicurazione cittadina -. A settembre ho ricevuto la prima parte dell'indennità di maternità per due mesi e mezzo. Per avere il resto, l'Inps mi ha chiesto di pagare un'altra quota a copertura di tutti i mesi dell'anno, anche se il mio reddito è talmente basso da non permettere il versamento per l'intera annualità. Ho ricevuto la prima trance di 1.500 euro netti. Per avere la seconda di pari entità, devo pagarne 1.150».

«La nostra assistita ha lavorato per un'agenzia di assicurazioni - ha spiegato Massimiliano Ragazzoni di Nidil-Cgil Bergamo -. Paga i contributi Inps in base a quanto fattura. Dal momento che non guadagna molto, anche lavorando 12 mesi, la copertura arrivava fino a giugno, non oltre. In questi casi l'Inps fa partire la copertura da inizio anno. Se paradossalmente il suo bambino fosse nato due mesi prima, lei avrebbe avuto diritto all'indennità piena senza alcuna questione da parte di Inps».

«Violazione del diritto alla maternità»

Analizzando versamenti e coperture degli anni precedenti, è stato appurato che proprio a seconda dei guadagni della giovane donna, per alcune annate economicamente più redditizie la copertura era di undici mesi, in altre meno fortunate di soli sei. Ma non necessariamente i sei in cui i guadagni erano stati più alti, bensì - di regola - i primi sei dell'anno. Questo fatto, unito alla prassi di Inps di indennizzare il congedo di maternità solo per i mesi coperti da contribuzione, ha creato un problema grave alla lavoratrice.

Gli autonomi iscritti alla Gestione Speciale commercianti Inps che scelgono regime agevolato, come la neomamma, sono obbligati a versare solo in base al reddito effettivo. «Anche in questi casi però l'Inps precisa che il contributo di maternità va versato per intero - spiega Emmanuele Comi dell'Inca-Cgil Bergamo -. Perciò, che tu abbia un reddito da cinquemila o da 50 mila euro, paghi lo stesso contributo. Solo che nel primo caso, Inps ti dice che non hai diritto all'indennizzo della maternità se non copri i relativi mesi di contributi. La riteniamo un'ingiustizia e una violazione del diritto alla maternità per quelle lavoratrici che, oltretutto, non hanno nemmeno scelta, come nel caso in questione. Probabilmente, insistendo, otterremo il corretto pagamento dell'indennità ma non è giusto che si debba ricorrere o insistere per avere accesso ai propri diritti».

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