La strana porta a T dei fienili della Valle Imagna
Ogni territorio manifesta alcuni segni distintivi che ne caratterizzano il paesaggio, le architetture, gli insediamenti umani. In Valle Imagna balza subito all’attenzione la caratteristica apertura a “T” dei fienili, con le porte rastremate verso il basso. In realtà, questa singolare connotazione costruttiva la si ritrova anche in Taleggio e nell’area di Morterone, in Valsassina, e il Centro Studi Valle Imagna l’ha stilizzata e adottata come proprio logo, attribuendo a tale forma una forte connotazione identitaria.
Perché questa forma strana? Molti si sono cimentati nel tentativo di spiegare il significato di un’apertura così anomala rispetto alla più comune forma rettangolare di porte e finestre. Studiosi e ricercatori hanno formulato diverse spiegazioni, con ipotesi, conferme, negazioni. Alcuni di essi hanno cercato analogie con una simile architettura rinvenuta in Perù e in Messico, mentre altri hanno trovato riscontri con somiglianti costruzioni studiate sull’Appennino parmense. Il punto fermo sulla questione non è stato ancora posto ed emergono di volta in volta riflessioni interessanti.
In quali edifici si trova. Più che cercare l’origine di una siffatta soluzione edilizia, cerchiamo di cogliere la sua dimensione funzionale, in relazione al suo utilizzo. Innanzitutto, tale apertura è rinvenibile solamente nei fienili, posti al piano superiore della stalla, perlopiù a pianta rettangolare, destinati al ricovero del foraggio (fé, còrt e tersöl). Veniva ricavata nella posizione di volta in volta ritenuta più idonea, in relazione alla conformazione del terreno, quasi sempre sul pendio, e alla distribuzione degli spazi: di solito si rileva nella parte retrostante dell’edificio rurale, incastonato sul versante scosceso, oppure sul lato del timpano, onde favorire l’accessibilità con pochi gradini di pietra. La sua forma non varia nemmeno quando l’edificio è situato su un terreno pianeggiante e l’accesso al piano superiore del fienile è reso possibile mediante una scala in muratura o, più semplicemente, mediante una scala removibile, a pioli di legno.
A cosa serve. Una siffatta apertura risponde a una molteplicità di esigenze, che hanno contribuito a formulare uno stile costruttivo che si è ripetuto nel tempo, anche laddove non se ne ravvisava la necessità, ed è giunto sino ai nostri giorni. Un elemento costruttivo basilare tramandatosi nei secoli senza mutamenti sostanziali. Costruito su misura delle gambe dell’uomo, la singolare apertura nella parte inferiore impediva l’ingresso ai quadrupedi (quando la sua posizione si poneva a livello del terreno), mentre nella parte superiore più ampia favoriva il passaggio della gerla carica di erba o del fascio di fieno frusciante legato sulla sdirna sostenuta sulle spalle del contadino. I due ripiani laterali, costruiti anch’essi in muratura e ricoperti da lastre di pietra, ricavati dal rientro degli stipiti superiori, servivano quale base d’appoggio dei carichi di fieno, evitando così ogni volta di doverli togliere dalle spalle, e per la breve sosta dei lavoratori dei prati.
Ma bisogna fare anche altre considerazioni, connesse sia al contenimento termico degli ambienti (le aperture erano limitate allo stretto necessario) che all’aerazione del fienile: si doveva avere la possibilità di chiudere solo la parte superiore del portone, quando il fieno appena depositato poteva fermentare o, viceversa, solo quella inferiore più piccola (attraverso lo spassöl) per evitare l’accesso di galline o altri animali da cortile liberi di muoversi intorno alla stalla. La creazione di un portale a T così particolare, con la parte superiore pressoché quadrata, rettangolare o ad arco (quelli più antichi), costituisce il risultato empirico di articolate soluzioni costruttive non prive di gusto estetico. La ricerca dell’utile era coerente con la dimensione del bello e la sobrietà costruttiva aveva trovato un suo equilibrio con il disegno del paesaggio, frutto combinato di natura e cultura, architettura e attività umane, seppure in un’economia generale di spazi e risorse.
La mostra del Centro Studi Valle Imagna. Il logo del Centro Studi Valle Imagna riporta alla luce questo elemento ancora misterioso dell’architettura tradizionale di una terra in grado di rivelare molte sorprese. Molti, troppi elementi di questa preziosa architettura sono oggi ancora abbandonati all’oblio, come molti portali e tetti in piöde, oggi a rischio di scomparsa.
Proprio per offrire una nuova opportunità di conoscenza e riflessione, sensibilizzazione e salvaguardia, non solo libri e documenti riferiti alle ricerche condotte in questi anni dal Centro Studi Valle Imagna, ma anche oggetti e utensili autentici appartenenti alla cultura materiale del territorio caratterizzano l’esposizione temporanea allestita dal Centro Studi Valle Imagna a Sant’Omobono Terme (Via Vittorio Veneto, 170, a pochi metri dalla sede sociale del sodalizio culturale).
Situata nel centro della frazione Selino Basso, poco prima del ponte sull’Imagna e del bivio per i villaggi di Corna, Locatello e Fuipiano, non passa inosservata l’insegna del Centro Studi, cui fa da riferimento sulla vetrina una carrellata di parole (emigrazione, pecapride, boscaioli, Cornabusa,…) che richiamano alcuni argomenti salienti delle ricerche sinora condotte e rappresentano importanti chiavi di accesso per la comprensione della cultura locale, ossia della vita vera delle famiglie e degli insediamenti di ieri e di oggi in Valle Imagna.
All’interno, poi, i libri editi dal Centro Studi Valle Imagna sono esposti assieme a numerosi altri documenti secondo un ordine tematico e in relazione ai vari settori che compongono l’allestimento: all’angolo del contadino seguono quelli del pecapride, del cacciatore, del boscaiolo, del fabbro. Secondo lo stesso criterio sono stati allestiti altri spazi specifici per documentare alcuni grandi fenomeni del Novecento, che hanno segnato la vita e il lavoro delle popolazioni della montagna orobica, come l’emigrazione, la guerra, la religiosità popolare, la grande trasformazione del territorio.
La proposta espositiva intende da un lato offrire alcuni percorsi immediati di conoscenza ai turisti che visitano la valle, ma pure costituire un momento di confronto con la popolazione locale, chiamata a conoscere la propria storia sociale e a valorizzarne gli elementi culturali, sociali ed economici portanti. In questa prospettiva l’esposizione vuole essere anche un momento di affermazione dell’identità locale e di rafforzamento di quel sentimento di comunità e di appartenenza che fa sentire gli abitanti della Valle Imagna, considerati nel loro insieme, uniti e coesi nella stessa dimensione storica e territoriale.
L’esposizione, con entrata libera, rimane aperta sino alla prossima festa settembrina della Madonna della Cornabusa (14 settembre 2014) ed è visitabile nei seguenti giorni: giovedì dalle ore 09:00 alle 12:00. Venerdì, sabato e domenica: orario continuato dalle ore 09:00 alle 18:00.
Il Centro Studi Valle Imagna ringrazia la famiglia Todeschini, che ha gentilmente messo a disposizione il negozio, per la preziosa opportunità offerta e l’Isot di Sant’Omobono Terme per la collaborazione.