Effetto nostalgia

24 febbraio 2019, quando Sinner conquistò Bergamo. Oggi s'è preso l'Italia (e il mondo)

Cinque anni fa, uno sconosciuto 17enne altoatesino vinceva il Challenger della nostra città. Adesso ha raggiunto la finale degli Australian Open battendo 3-1 Djokovic

24 febbraio 2019, quando Sinner conquistò Bergamo. Oggi s'è preso l'Italia (e il mondo)
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di Andrea Rossetti
(in apertura: Sinner a Bergamo nel 2019, foto di Antonio Milesi)

Lo chiamano "effetto nostalgia". È quel fenomeno psicologico per cui si tende ad ammantare di epica (e talvolta ridimensionare, solitamente per difetto) eventi a cui abbiamo partecipato e in cui abbiamo assistito alle prime apparizioni di artisti o sportivi oggi diventati mainstream - come dicono quelli bravi -. Qui a Bergamo ne siamo esperti quando si parla dei Pinguini Tattici Nucleari, che adesso riempiono San Siro ma un tempo li andavamo a sentire suonare praticamente nel giardino di casa (effetto nostalgia, appunto...). Ecco, quella stessa emozione noi bergamaschi la possiamo provare anche con Jannik Sinner.

Il fuoriclasse del tennis italiano (e ormai mondiale) oggi, 26 gennaio, ha scritto un'altra pagina di storia: battendo a Melbourne il numero 1 della classifica mondiale Novak Djokovic 6-1, 6-2, 6-7 (6), 6-3 è diventato il primo italiano a raggiungere la finale degli Australian Open. Una partita ai limiti della perfezione, che sancisce definitivamente, se mai ce ne fosse ancora bisogno, il livello alieno a cui il 22enne altoatesino è arrivato a giocare.

Era il 24 febbraio 2019

Jannik Sinner vincitore a Bergamo nel 2019 (foto Antonio Milesi)

L'ascesa da vertigini di Sinner è iniziata sei mesi fa circa proprio contro il serbo, quando a Wimbledon perse 3-0 in semifinale. Quello era il primo Slam dell'italiano con il suo nuovo team e quella sconfitta sancì l'inizio di un percorso che lo ha portato, in pochi mesi, a togliersi enormi soddisfazioni, in primis la Coppa Davis conquistata con l'Italia. Il percorso tra i grandi del tennis di Sinner, però, in realtà iniziò cinque anni fa nella nostra città.

24 febbraio 2019. Il palazzetto dello sport di via Pitentino è ancora in piedi, denominato PalaNorda, e nei sei giorni precedenti ha accolto le sfide dell'amatissimo Challenger di Bergamo, il Trofeo Faip-Perrel. Davanti a un pubblico caldissimo (anche oggi è così: il tennis piace un sacco a Bergamo), si gioca la finale, con due nomi che non erano certi quelli che tutti si sarebbero aspettati: Roberto Marcora, 29 anni, posizione trecento (o giù di lì) in classifica Atp, e uno sbarbatello di appena 17 anni, al suo primo Challenger, Jannik Sinner.

Un vero outsider

In realtà, i favoriti erano altri. Il russo Evgeny Donskoy innanzitutto, numero 96 al mondo. E poi il funambolico Dustin Brow, l’ex top 50 Daniel Brands e il tedesco Rudolf Molleker. Tra gli italiani, il più atteso (e acclamato) era Lorenzo Musetti, 16 anni e fresco vincitore dell’Australian Open juniores. Dopo di lui e ben prima di Sinner, venivano i nomi azzurri di Stefano Travaglia, Stefano Napolitano (finalista l'anno prima contro un certo Matteo Berrettini, che vinse e prese il volo), le promesse mai pienamente mantenute Gianluigi Quinzi e Filippo Baldi. Il nome di Sinner, 546° al mondo, veniva dopo tutti questi.

E invece, alla fine, in finale ci arrivò lui. Non solo: vinse in modo netto, pulito. Due set a zero, 6-3 6-1 in poco più di un'ora. Insomma, non ci fu partita. Era l'embrione del tennista che è diventato, ma la genetica non mente: in quei giorni e in quella finale bergamasca, Sinner mostrò già una solidità fuori dal normale per un ragazzo di appena 17 anni, sia di gioco che mentale. Alternava bordate a tocchi di fino, il tutto condito da uno sguardo imperturbabile. Dopo l'ultimo punto, quello vincente, una stretta di mano rapida con l'avversario e un sorriso timido appena accennato, quasi come se si vergognasse di avere tutti quegli occhi puntati addosso. Probabilmente era davvero così.

La sveglia alle 4.30

L'esultanza di Sinner dopo aver battuto Djokovic in semifinale agli Australian Open 2024

Vedendolo giocare in quei giorni, diversi tifosi si convinsero che quel ragazzo di strada ne avrebbe fatta. Era evidente. Il tennis, però, è lo sport del Diavolo, come ama dire Panatta. Dunque meglio non aver certezze. Ma Sinner, che da ragazzino non ha praticamente mai giocato tornei juniores preferendo lavorare su se stesso per poi passare direttamente al professionismo, si vedeva che era diverso. E lo dimostrò anche nell'intervista post premiazione: «La strada è lunga, ci saranno settimane in cui giocherò meglio e altre in cui giocherò peggio. Dovrò stare sempre sul pezzo. Questa settimana era la prima volta che potevo vincere un montepremi importante, sono stato bravo a non farmi condizionare».

Oggi quel ragazzetto lì ha cinque anni in più e centinaia di tappe bruciate alle spalle. A soli 22 anni è già uno dei più forti tennisti della storia italiana e punta a ergersi tra i migliori di sempre al mondo. Sta riuscendo ad appassionare il nostro Paese a uno sport difficile, per certi versi poco televisivo. Eppure sono stati tanti, tantissimi gli italiani che stamattina han messo la sveglia alle 4.30 per godersi la sfida con Djokovic (e sono stati ripagati). Robe che si vedevano solo con sportivi tipo Valentino Rossi e Alberto Tomba. Chapeau. Per coronare il tutto, adesso, manca la finale: appuntamento domenica (28 gennaio) alle 9.30. Quattro anni e undici mesi dopo la finale del PalaNorda. Bergamo c'era allora e c'è anche oggi al fianco di Sinner. Effetto nostalgia, sì, ma pure emozioni forti. Grazie, Jannik.

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