Due gemelli, un bar in via Carnovali e la passione per gli oggetti di modernariato
Bere un caffè tra vecchi flipper e colonnine della benzina. Al Milady si entra subito in un mondo che va dal secondo Dopoguerra agli Anni Sessanta e poco oltre
Di Fabio Santini
C’è un bar in via Carnovali, a poche decine di metri dalla nuova rotatoria di via Autostrada, dove il tempo si è fermato. Si entra in un mondo che va dal secondo Dopoguerra agli Anni ‘60 e poco oltre.
All’ingresso, un juke-box e qualche insegna pubblicitaria dell’epoca. Alle pareti una teoria colorata di una sessantina di distributori di chewingum e caramelle, insegne luminose e segnali stradali dell’epoca. Tutt’intorno, vecchie colonnine di benzina, un calcetto rarissimo del 1912, flipper che ci riportano alle estati ruggenti della Riviera romagnola e che funzionano ancora con le monete da 100 lire. Al bancone, una macchina del caffè Gaggia. È del ’65. E il caffè ha un aroma antico. Accanto a una vetrina, fa bella mostra di sé una Vespa del 1952.
«È solo una minima parte della nostra collezione - raccontano orgogliosi i titolari del Caffè Milady, i gemelli Luca e Matteo Invernici, 52 anni, due omoni grandi e grossi quanto simpatici e disponibili, uniti da una passione viscerale cui dedicano gran parte della loro vita privata e quasi tutti i loro guadagni -. La nostra collezione conta 22 seggiole da barbiere, 15 flipper, 12 pompe di benzina, 7 frigoriferi della Coca-Cola, 6 calcetti di legno, 5 slot machine, una cabina telefonica inglese, 2 Vespa, 3 juke-box, 1 roulette del Casino di St. Vincent originale degli Anni ‘40 e una Fiat 1100 del ’52. Giuliana, della famosa Trattoria D’Ambrosio, da quando è cavaliere del lavoro può celebrare matrimoni. E noi mettiamo l’auto a disposizione, chiedendo mille euro che diamo in beneficenza».
Quando è nata la passione
La passione è scattata quasi una trentina d’anni fa quando Matteo ha comprato in un mercatino del Belgio una vecchia colonnina di benzina. «Da allora abbiamo comprato pezzi degli Anni ’50, ’60, ’70 perché, come le canzoni di allora, anche questi oggetti hanno un valore che va oltre il tempo, oltre ogni stima. Una volta il proprietario di una catena di alberghi di lusso di Crans Montana ci ha offerto 18mila euro per il calcetto in legno che abbiamo qui nel bar. Abbiamo detto no: ce ne sono due in tutto il mondo. Lo voleva piazzare nella hall di un suo hotel. Ma noi non vendiamo, collezioniamo. Non esponiamo alle fiere. Non andiamo ai raduni delle auto d’epoca e della Vespa. Ci ha contattato la redazione del programma tv di Canale 9 “Cash or Trash” (imperdibile per i cultori del modernariato, ndr). Non ci interessa. Siamo troppo gelosi delle nostre cose. Abbiamo un solo rammarico: non aver comprato quando si poteva i vecchi bauli di Louis Vitton. Non li consideravamo granché. Oggi valgono una fortuna».
La maglia di Pisani
C’è un’ultima icona appesa a una parete conservata in una teca di vetro. «Quella è la maglia del calciatore Chicco Pisani, scomparso nel ’97 in un incidente stradale. Giocò 8 partite da attaccante dell’Atalanta. È rarissima. L’abbiamo pagata mille euro a un collezionista incontrato per caso al Bar Stadio di Ponte San Pietro. Non la daremmo via per tutto l’oro del mondo…».
Ci sono cose che il denaro non sempre riesce a valorizzare e sono la passione e la storicità che gli oggetti trasmettono. Rispetto a chi decide di trasmettere le proprie passioni gratuitamente diffondendole a molti piuttosto che venderle e rinchiuderle all' esclusività di pochi.