Il mistero del rifugio nazista trovato nella foresta argentina
Nella giungla argentina è da poco stato scoperto un piccolo fortino segreto che, secondo quanto raccontano i ricercatori, avrebbe dovuto ospitare numerosi gerarchi tedeschi nel caso in cui la Germania avesse perso la Seconda Guerra Mondiale. La tesi appena esposta è quella fornita da chi ha rinvenuto i resti dell’antico rifugio: un gruppo di archeologi industriali dell’Università di Buenos Aires. Il complesso murario è stato trovato nel parco chiamato "Teyù Cuarè" che si trova nella provincia di Misiones, una località argentina a ridosso della frontiera tra il Paraguay e il Brasile. «A quanto pare, a metà della Seconda Guerra Mondiale l'aeronautica del nazismo lavorò a questo progetto segreto», ha spiegato il responsabile dei ricercatori, Daniel Schavelzon. «Tra i posti scelti c'erano anche deserti, montagne e, appunto, selve: tutti luoghi comunque inaccessibili come questo, un posto facilmente difendibile, protetto e dove era possibile vivere tranquilli», ha continuato a spiegare Schavelzon al quotidiano Clarin. Il piccolo fortino è stato quindi costruito in una posizione strategica sotto tutti i punti di vista, da quel luogo una sentinella poteva ben monitorare che cosa accadeva nelle zone confinanti o se qualche estraneo si fosse fosse in avvicinamento. Inoltre a soli dieci minuti di cammino si poteva raggiungere il Paraguay.
Come è fatto. Ad avvalorare l’ipotesi che si tratti di un fortino tedesco si possono citare alcuni oggetti che sono stati rinvenuti proprio tra quelle mura: monete del Reich battute tra il 1938 e il 1944, ceramiche di alcune piastrelle, scatolette in latta e i resti di un piatto di porcellana con la scritta 'Made in Germany' prodotto dalla ditta tedesca Meissen tra il 1890 e il 1940. Insomma, si può dire quasi con assoluta certezza che qualche tedesco abbia vissuto per qualche tempo in questo fortino. Magari non erano i gerarchi del Terzo Raich, ma di sicuro avevano in tasca il passaporto germanico. Schavelzon ha più volte detto che le ricerche sono ancora all’inizio e non è utile spingersi a sbandierare giudizi affrettati. La piccola fortezza si presenta come una «struttura tipica dell’ingegneria europea, con mura spesse tre metri e senza omologhi nei dintorni», spiega ancora Schavelzon. Un articolo de La Stampa racconta che al suo interno è visibile «un’abitazione per gli alloggi (dotata dell’eccezionale lusso di un pozzo e una tinozza), un magazzino per le scorte e una casamatta che domina il circondario».
Chi era Walter Darré. Secondo alcuni storici il progetto di questa costruzione fu affidato al ministro dell’Agricoltura e teorico della supremazia razziale, Walter Darré, nato a Buenos Aires da immigrati tedeschi e qui rimasto fino all’adolescenza. Sembra quindi che l’Argentina sia stata scelta come meta per via della mente che si occupò del progetto. In realtà, questo Paese sudamericano, all’inizio del secolo scorso, poteva vantare una nutrita comunità germano-argentina che salutò con molto entusiasmo l’avvento del nazismo in terra tedesca. Non si esclude poi che venne scelta proprio questa giungla vista la significativa somiglianza con alcune località delle alpi bavaresi. Per questa ragione Schavelzon ipotizza che il fortino da poco scoperto potrebbe essere solo uno dei tanti rifugi nascosti in queste zone.
Gerarchi tedeschi in fuga. L'ipotesi, quindi, è che dopo il crollo del nazionalsocialismo soldati, gerarchi e alte autorità tedesche fuggirono dall'Europa verso la calda terra del Sudamerica. Tra le personalità di maggior spicco che arrivarono in Argentina possiamo ricordare Erich Priebke, l’ex comandante delle SS artefice del massacro delle Fosse Ardeatine, che arrivò nella terra delle pampas nel 1948 (e vi rimase fino al '95). Stessa destinazione anche per Adolf Eichmann che si trasferì in Argentina nel 1950 con un passaporto della Croce Rossa a nome di Ricardo Klement. L’omonimo di Hitler riuscì a portare con sè tutta la sua famiglia e, come molti altri nazisti, entrò a lavorare negli stabilimenti Mercedes fuori Buenos Aires. Lo catturò il Mossad isrealiano nel maggio del 1960. Anche Josef Mengele, il cosiddetto "Angelo della morte" in quanto artefice di esperimenti parascientifici sui deportati ad Auschwitz, migrò in fretta e furia in questo Paese sudamericano.