Dopo Cisl, anche Uil Bergamo contro l'ipotesi privatizzazione di Poste italiane
Per il sindacato, la cessione di altre quote azionarie «sarebbe un’operazione di mera cassa e comprometterebbe l'occupazione»
Dopo la presa di posizione della Cisl, anche Uil Poste Bergamo è contro il progetto di privatizzazione (parziale) di Poste italiane annunciato dal governo, che secondo il sindacato metterebbe a rischio il lavoro di circa 1.400 addetti nella Bergamasca, suddivisi negli uffici postali e centri di distribuzione nel territorio.
Le preoccupazioni del sindacato
«Qualunque ulteriore cessione di quote azionarie di Poste Italiane sul mercato - hanno dichiarato in una nota i referenti territoriali Giuseppe Fiumara e Demetrio Dattola - sarebbe un’operazione di mera cassa, oltre a intaccare e svilire un asset strategico importantissimo in Italia, che potrebbe compromettere l’occupazione della provincia».
Un numero di tali addetti, hanno spiegato i dirigenti, potrebbe essere compromesso da nuove drastiche ristrutturazioni, che si aggiungerebbero a quelle già complesse in corso, sia nell’ambito dei servizi postali che in quello dei servizi finanziari. Nella nostra provincia, per la sigla, potrebbero venir meno un alto numero di centri di recapito e di uffici postali, che quotidianamente mantengono rapporti con migliaia di cittadini e piccole imprese, creando così molti problemi alla popolazione.
Contro la privatizzazione
Per il Coordinatore della Uil Bergamo, Pasquale Papaianni, «la politica dei tagli e della privatizzazione, per dimagrire sui costi di gestione, ha prodotto in questo paese la perdita dei grandi patrimoni societari dello Stato e l'allontanamento dei cittadini dalla cosa pubblica, generando in alcuni casi disinteresse e disaffezione». Per i dirigenti sindacali, se dovesse verificarsi il temuto scenario per Poste, ciò determinerebbe anche un impoverimento sociale del territorio.