Padre Tullio Locatelli: i giovani capiscono il mondo, dobbiamo dargli spazio
Nato a Terno d’Isola, 45 anni di sacerdozio, il religioso è superiore generale dei Giuseppini del Murialdo, presenti in 16 nazioni
di Bruno Silini
Superiore Generale dei Giuseppini del Murialdo, Padre Tullio Locatelli di Terno d’Isola festeggerà i suoi 45 anni di sacerdozio domenica (17 marzo) nella Comunità di Valbrembo.
Innanzitutto, come sta? La scorsa estate i messaggi che circolavano erano preoccupanti...
«Ho preso la malaria in Nigeria alla fine di giugno 2023. Non me ne sono accorto subito. Mi sono sentito male tornato in Italia, nella comunità giuseppina di Cefalù. Al Policlinico di Palermo mi hanno tirato fuori da una situazione critica. Poi ho fatto un mese all’Ospedale Buccheri La Ferla per la riabilitazione. Quindi, sono tornato a Roma. Ma, dopo un po’, per qualche effetto collaterale sono stato ricoverato circa un mese, a settembre, al Policlinico Gemelli. E tra analisi, controlli e 15 pastiglie al giorno, adesso mi pare di stare abbastanza bene».
Quando si è diffusa la notizia della sua malattia, i social sono diventati un luogo di preghiera.
«C’è stata una cordata di vicinanza, di affetto, di preghiera che è stata veramente molto forte. Di tutto ciò mi sono accorto dopo, perché i primi dieci giorni ero in coma, intubato. Hanno veramente pregato tanto. Adesso dico loro che devono andarsi a confessare perché ero quasi vicino al Paradiso e mi hanno fatto tornare indietro».
Ha avuto paura?
«Prima no. Non avevo coscienza del fatto, pensavo che fosse una grossa influenza. Poi sì, perché quando sono tornato a Roma e ho riaperto il computer ho visto i messaggi che i miei confratelli avevano mandato in giro. Mi sono accorto che sono passato veramente attraverso delle forche caudine. È una sorta di paura retroattiva. Però, accanto alla paura, ho sentito e sento, come dicevo, la vicinanza di tanti e questo mi dà una forza non solo psicologica, ma anche di fede. San Leonardo Murialdo, nostro fondatore, diceva che, essendo nelle mani di Dio, siamo in buone mani. Ma, nonostante la tribolazione, l’umorismo non è mancato».
In che senso?
«A un mio confratello ho detto che mi avevano applicato un drenaggio della bile nera. Mi ha risposto: “Sarebbe un guaio se un Padre Generale non producesse bile nera”».
E i Giuseppini, in generale, come stanno?
«Nel mondo sono 475 (15 i bergamaschi) distribuiti in 16 Nazioni. Siamo in Europa, nelle Americhe, in India e in Africa. L’anno scorso abbiamo festeggiato i 150 anni della Congregazione. Nel 1923 eravamo 873. Diciamo che, in un secolo e mezzo, abbiamo avuto uno sviluppo continuo. La battuta d’arresto è avvenuta dopo il Concilio Vaticano II. Ma è un fenomeno comune a molte congregazioni».
La pandemia?
«È stata un’esperienza che ci ha maturati umanamente e spiritualmente. Tutti con la mascherina, tutti in disparte. Nelle nostre comunità si stava nelle camere. Alcuni confratelli sono morti. È stata una prova dura. Però devo dire che c’è stata anche una grande capacità di risposta nel gestire online (anche grazie ai nostri tanti laici) il mandato educativo con i nostri ragazzi. Nei genitori ho riscontrato la gioia nel percepire che i loro figli non erano stati (...)