Dismissione Bedeschi Spa a Lallio, produzione chiusa e operai in cassa a zero ore
La Fiom-Cgil ha duramente criticato l'azienda per la gestione: «Da cinque anni rischio concreto, sempre ignorato dalla direzione»
Dall’inizio di questo mese è chiuso ed in fase di dismissione il reparto di produzione della Bedeschi Spa di Lallio (ex Ont), con i 21 lavoratori dell'officina in cassa straordinaria a zero ore ed i 20 dell'ufficio che saranno trasferiti in una nuova sede.
Problemi con la direzione dal 2019
L'azienda metalmeccanica, con sede legale nel padovano, opera nel settore della meccanica ed in Bergamasca produceva nastri trasportatori. «Dal 2019, cioè dalla fase finale del perfezionamento dell’acquisizione della vecchia Ont da parte della Bedeschi, come Fiom-Cgil abbiamo ripetutamente evidenziato il pericolo concreto di dismissione corso dalla sede di Lallio - ha dichiarato oggi (lunedì 25 marzo) Paola Guerini -. In quegli anni – quando eravamo presenti in Ont – accesi erano stati i toni per la discussione del rinnovo del premio di risultato, perché la direzione già allora si era dimostrata sorda alle normali proposte sindacali».
Con il Covid ed il successivo conflitto ucraino, si è complicata una situazione già da tempo compromessa. «Il punto - ha continuato al rappresentante - è che la direzione non è mai stata in grado di intervenire per salvaguardare i posti di lavoro dei propri dipendenti, o non ha mai voluto farlo». Lo scorso ottobre era stato richiesto il ricorso alla cassa integrazione ordinaria per tredici settimane e, nelle comunicazioni di fine anno da parte aziendale, nulla lasciava presagire che il 2024 sarebbe cominciato con l’annuncio della chiusura della produzione.
«Invece è arrivata la notizia a cui è seguito, il primo febbraio, uno sciopero di otto ore, l’unico fino ad ora organizzato dal sindacato che è all’interno della Bedeschi. Il primo marzo, poi, un comunicato esposto in bacheca ha annunciato l’avvio di una cassa integrazione straordinaria, per cessazione parziale di attività, per 21 persone, a casa a zero ore, cassa non anticipata dall’azienda bensì erogata dall’Inps. È prevista fino a dicembre, cioè fino a quando questo strumento di ammortizzazione sociale è stato finanziato dal governo».
Fiom-Cgil non firma il verbale di accordo
A riguardo la scorsa settimana, venerdì 22 marzo, si è tenuto l’incontro per l’esame congiunto con il ministero del Lavoro. Anche Guerini era presente, ma al termine del confronto – a differenza degli altri partecipanti – non ha firmato il verbale di accordo, dove si leggeva che la società aveva deciso di dismettere lo stabilimento di Lallio a causa delle difficoltà economiche derivanti dal conflitto russo-ucraino.
«Finché la Fiom-Cgil è rimasta ai tavoli della trattativa ha sempre evidenziato i rischi e l’urgente necessità di azioni concrete a salvaguardia di posti di lavoro che ora appaiono irrimediabilmente persi - ha proseguito Guerini -. L’azienda si è limitata ad utilizzare lo strumento della cassa ordinaria prima e straordinaria ora – tra l’altro con pagamento diretto da parte dell’Inps, dunque non anticipandola – scaricando sui lavoratori e sulla collettività una gestione che non abbiamo mai condiviso e che oggi mostra il grave impatto sociale sempre temuto».
A fronte di una chiusura della produzione, con anche la situazione degli impiegati negli uffici che, per la sindacalista, sono in forse, si chiede perché «siano state proclamate solo otto ore di sciopero, escludendo così qualsiasi azione finalizzata ad ostacolare lo smantellamento che, fin da inizio febbraio, l’azienda aveva avviato e che ancora continua».