«Problemi tecnici legati a siti pedo-pornografici»: la truffa di un commerciante a Dalmine contro i clienti
L'uomo è ora a processo: inviava messaggi spacciandosi per operatori o per la polizia postale e poi proponeva la soluzione, dietro pagamento
Aveva già truffato due clienti per un totale di 24 mila euro e ne stava per truffare altri tre, se non fosse che due vittime decisero di rivolgersi ai carabinieri e la terza venne messa in guardia da un impiegato postale che aveva sentito puzza di bruciato. È finito così a processo un commerciante di Bonate Sopra con negozio a Dalmine e attivo nell'hinterland di Bergamo.
L'uomo, 45enne, inviava messaggi ai clienti, fingendosi una compagnia telefonica o addirittura la polizia postale. In questi i destinatari venivano minacciati di finire sotto indagine per avere visitato siti pedopornografici. A quel punto, i clienti erano portati a rivolgersi al commerciante, che proponeva loro soluzioni sicure, ma a fronte del pagamento di somme a dir poco ingenti.
La prima truffa
Come riporta il Corriere Bergamo, tra il 14 settembre e l'11 ottobre 2018, secondo l'accusa, l'imputato riuscì a ottenere da un solo cliente 17.700 euro. La truffa si sarebbe svolta in questo modo: L'imputato avrebbe inviato un Sms, spacciandolo come un invito da parte della Samsung a rivolgersi a un suo gestore per risolvere alcuni problemi tecnici legati a siti pedo-pornografici che risultavano essere stati visitati; il cliente in questione avrebbe poi accettato di farsi aiutare dal commerciante. Il cliente avrebbe quindi accettato, versando per questo 6.500 euro. Un mese dopo, la truffa sarebbe stata ripetuta di nuovo e nuovamente il cliente avrebbe accettato, sborsando la stessa cifra.
Stessa modalità
Cifra simile, altri 6.106,5 euro, sarebbero stati sborsati da un altro cliente, contattato questa volta «dall'ufficio amministrativo di Fastweb». L'uomo inizialmente non ci sarebbe cascato, fino a quando però gli sarebbe arrivata una telefonata dalla polizia postale, che gli segnalavano l'utilizzo di servizi Internet a pagamento e illegali, e, di nuovo, la visione di siti pedo-pornografici. Era tutto falso, ma, intimorito dalle possibili conseguenze penali, il cliente decise di accettare l'aiuto del commerciante, mettendo mano al portafogli.
I tre casi sventati
Gli altri tre episodi contestati risalgono al 31 agosto 2019. A una donna il 45enne chiese 2.500 euro,promettendo ancora una volta che le avrebbe risolto dei fantomatici problemi dettati telefonino dall'essersi collegata ai soliti siti pedo-pornografici. Stessa storia, stessa somma e stesso finale amaro con un altro cliente. A entrambe il commerciante chiese 2.500 euro, ma in entrambi i casi le donne decisero di rivolgersi ai Carabinieri. Infine, con il quinto cliente cambiò tattica, facendogli credere che nel suo smartphone erano state installate applicazioni a pagamento non richieste. Ancora una volta, il commerciante si sarebbe proposto come unico in grado di risolvergli il problema, alla cifra di poco più di duemila euro. In questo caso fu l'impiegato postale ad accorgersi che qualcosa non andava.
Richiesta di messa alla prova
A processo davanti al giudice Roberto Palermo, ora il commerciante chiede, con l'avvocato Sara Cadonati, di poterla chiudere con la messa alla prova. I cinque ex clienti dei presunti raggiri, avvenuti tra 2018 e 2019, accettano di essere risarciti, condizione necessaria per accedere alla sospensione del procedimento penale. Nella prossima udienza del 24 giugno, si parlerà di cifre e poi il giudice deciderà.