È una cosa scientifica

Dimmi qual è il tuo nome e ti dirò che vita ti aspetta

Dimmi qual è il tuo nome e ti dirò che vita ti aspetta
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Se vi chiamate Martino, siete un maresciallo di Marsala, sposato con Marta, dovete sapere che tutto questo poteva già essere predetto al momento della vostra nascita. Se già infatti i latini usavano come modo di dire nomen omen, ossia che nella scelta del nome si potevano vedere gran parte delle caratteristiche della persone, la cultura italiana ha riattualizzato il concetto, in modo leggermente più scettico, con il detto sempre di moda, «un nome che è tutto un programma. Ma è al di là dell’oceano, in America, che da anni istituti di ricerca analizzano come il nome che viene attribuito all’anagrafe al nascituro possa influenzare le scelte e le decisioni della vita del soggetto.

Egotismo implicito. Uno studio svolto dal PSB Digital Studios’BrainCraft series, capitanato da Vanessa Hill e dal suo gruppo di psicologi, ha evidenziato come il nostro nome influenzi spesso e volentieri le decisioni più importanti e delicate della vita. Dice la Hill in un comunicato: «Più siamo bombardati dalle lettere che compongono il nostro nome, più queste tenderanno a piacerci». Anche una ricerca di alcuni studiosi dell’University of New York a Buffalo ha confermato la teoria.

 

 

In un mondo in cui il nome è la prima cosa che viene quotidianamente ricordata, partendo dai richiami dei genitori fino alla firma dei contratti lavorativi, è indubbio che ciò possa avere delle ripercussioni psicologiche sulle persone. Tale fenomeno viene chiamato dagli studiosi egotismo implicito e porta, seppur in modo incosciente, ad avere un atteggiamento che ripone notevole, e a volte eccessiva, importanza in sé stessi e nelle proprie esperienze di vita (il termine egotismo è stato diffuso da Stendhal che intitolò un suo romanzo del 1832 Souvenirs d’égotisme).

Sta circolando in rete negli ultimi giorni un video (qui sopra) che documenta le ricerche del team della Hill, mostrando come, partendo da alcuni dati raccolti negli Usa, il suono del nome sia determinante nella ricerca del lavoro, così come nelle scelte importanti (dove vivere o con chi sposarsi, per dirne due). Gli esempi semplici che vengono riportati sono come uno di nome Laurence diventerà avvocato (in inglese lawyer), mentre una persona di nome Virginia andrà a vivere in Virginia. Dunque, quando faremo esperienze che rimandano in modo intimo a noi stessi, altro non sono che manifestazioni di tale fenomeno.

 

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Name letter effect. La ricerca non è la prima che tratta un tema del genere, già infatti la Yale School of Economics, aveva proposto uno studio sull’influenza delle iniziali del nome nella vita degli individui. Il caso studiato è stato denominato Name letter effect (NLE) ed è descritto come un indicatore dell’egotismo implicito, tale per cui il legame “letterale” tra un elemento e il proprio nome può generare un inconscio gradimento. Gli studiosi hanno rivelato come sia forte il legame tra questo fenomeno e l’autostima esplicita, ovvero più la persona ha stima di sé in maniera consapevole, a volte con tratti di narcisismo, e più sarà portata a farsi influenzare da tutto ciò che ricorda il proprio nome.

I ricercatori di Yale hanno approfondito diversi campioni a disposizione, evidenziando alcune particolarità. Tra queste hanno notato come, analizzando le statistiche del campionato di baseball americano, i giocatori con il cognome che inizia con la lettera “K” avevano una percentuale di eliminazione più alta del 2 percento rispetto alla media. Tutto normale, se non fosse che nel baseball la lettera “K” viene utilizzata per indicare i giocatori eliminati (strikeout). Nel legame nome-posto di lavoro, il professor Uri Simonsohn, docente alla Warthon Scholl dell’Università della Pennsylvania, ha evidenziato come molto spesso il fenomeno dell’egotismo implicito è molto più sottile di quanto s’immagini. Ad esempio capita spesso che un imprenditore, come nel caso di Walt Disney, decida di fondare un’azienda che porti il suo nome; questo avviene sicuramente per compiacimento personale ma anche perché, come afferma lo stesso professore, «non riesco ad immaginare persone alle quali non piace per nulla il nome che portano».

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