Petizione delle famiglie valdimagnine contro il rimpatrio degli orfani ucraini
I membri del progetto "Patti educativi" non ci stanno: si teme per l'incolumità dei ragazzi, ma si cercano anche soluzioni alternative
Le autorità ucraine vorrebbero rimpatriarli, ma i valdimagnini non ci stanno. Si riaccende la vicenda sui 63 orfani ucraini accolti da due anni a questa parte tra Rota Imagna, Bedulita e Pontida: a scontrarsi con la volontà del consolato ucraino, le famiglie del progetto "Patti educativi" della Valle Imagna, che tramite una petizione online pubblicata sul portale change.org chiedono di non riportarli in patria con la guerra ancora in corso e di cercare soluzioni alternative.
«Per noi famiglie la loro partenza rappresenta un colpo di spugna dopo due anni e mezzo di sforzi da parte dell’intera comunità: la scuola, gli educatori Ucraini e Italiani, i compagni di classe, i nuovi amici, tutte le persone che in diverse forme si sono prodigate per integrarli nel miglior modo possibile», si legge nel testo della petizione, che supera al momento le 750 firme.
Si cercano soluzioni alternative al rimpatrio
A pronunciarsi sul fatto sarà il Tribunale dei minorenni di Brescia, come riporta Corriere Bergamo, mentre si attende che il consolato ucraino fornisca garanzie per la tutela di questi 63 ragazzi. Due i centri individuati dalle autorità ucraine, in cui si stabilirebbero gli orfani una volta rimpatriati: uno al confine con la Romania, l'altro a meno di cento chilometri da una zona colpita dai bombardamenti. Senza contare i disagi, come elettricità e acqua calda disponibile solo per poche ore.
La soluzione avanzata dalle famiglie valdimagnine e di proseguire con questa esperienza per un altro anno o due, con l'obiettivo di trovare una soluzione familiare, in Ucraina o fuori dall'Ucraina. Ma non di rimandarli a casa dopo aver «nuovamente sperimentato il concetto di famiglia», grazie al progetto di accoglienza nelle famiglie disponibili a far entrare i bambini nelle loro case avviato lo scorso dicembre.
«Perché non provare a lavorare tutti insieme, Italia e Ucraina, per il personale bene di questi minori? - è il loro appello -. Perché non ipotizzare di utilizzare gli istituti della “protezione” garantiti dal diritto internazionale che possa assicurare sicurezza per loro e per chi li accoglie? Qualcuno si è chiesto quale sia l’opzione migliore per i ragazzi? Qualcuno ha chiesto loro cosa ne pensano? ».