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Petizione online contro il rimpatrio degli orfani ucraini, sono quasi 13 mila le firme

La rappresentante delle famiglie bergamasche che li hanno accolti: «Qualcuno si è chiesto quale sia l’opzione migliore per i ragazzi?»

Petizione online contro il rimpatrio degli orfani ucraini, sono quasi 13 mila le firme
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Nel giro di un paio di giorni è già arrivata a quasi tredicimila firme la petizione contro il rimpatrio dei bambini ucraini ospitati a Rota Imagna, Bedulita e Pontida lanciata su Change.org dalle famiglie affidatarie.

Il rimpatrio a guerra in corso

Scappati dall’orfanotrofio di Berdyansk in Ucraina a marzo 2022, in questi anni hanno trovato un rifugio sicuro nei paesi della Bergamasca: obiettivo dell’appello è scongiurare il loro ritorno in Ucraina, previsto entro la fine dell’estate, «con garanzie approssimative riguardo le future strutture ospitanti e l’incertezza del mantenimento dei contatti con fratelli e sorelle - spiegano le famiglie -. A settembre del 2022, i bambini hanno iniziato a frequentare le scuole del nostro territorio e, a dicembre, è partito un progetto nelle famiglie disponibili ad accogliere i bambini nelle loro case».

Molto preoccupata per il futuro dei minori è Michela Noris, che pubblicando la petizione si è fatta portavoce di tutte le famiglie affidatarie: «La guerra in Ucraina purtroppo non è terminata, il trasferimento dei ragazzi in questo momento di totale insicurezza è davvero necessario? Possibile che non ci sia una soluzione alternativa?». L'intento, ha chiarito, è arrivare al cuore delle persone e delle istituzioni, senza volersi sostituire agli organi competenti o proporre soluzioni insostenibili, ma ci si vuole rivolgere a chi può fare qualcosa di concreto per loro.

L'esperienza ha creato un legame

«Siamo partiti con qualche pomeriggio insieme fino a dicembre 2023, quando la forma di accoglienza si è ulteriormente ampliata, con la possibilità di far trascorrere la notte nelle nostre case» ha raccontato ancora Noris.

«Ricordiamo ancora la felicità dei due fratellini accolti da noi quando al mattino hanno potuto fare colazione in pigiama o quando ci hanno svegliati con il solletico. Piccoli momenti di quotidianità familiare, che significano tanto per chi una famiglia non ce l’ha. Aprendo le porte delle nostre case non è sempre stato facile capire quale fosse la cosa migliore da fare, ma insieme abbiamo costruito rapporti sani. I bambini aspettano con ansia di stare nelle varie famiglie perché, nonostante il tempo trascorso insieme sia poco, percepiscono e vivono le nostre case come un posto sicuro dove qualcuno li ha accolti, difesi, guardati, corretti, aiutati».

Alla luce del legame che si è creato e dei potenziali rischi a cui, per i genitori affidatari potrebbero esporsi, c'è quindi perplessità per il loro immediato rientro nel Paese martoriato dal conflitto: «Pensiamo che il rapporto che si è creato con loro in questi mesi di accoglienza ci dia il diritto di esprimere perplessità su questa decisione - hanno scritto -. L’idea di rimpatriare tutti indistintamente, senza considerare le specificità e i percorsi vissuti in questi ultimi trenta mesi, da ognuno di loro, ci sembra una soluzione semplicistica che non fa bene a nessuno».

Le possibili alternative

Le famiglie hanno anche cercato di suggerire possibili soluzioni alternative, portando l'esempio di diversi bambini e ragazzi trasferitisi negli Usa o rientrati in Ucraina, attraverso progetti di affido temporaneo o di adozione internazionale, con famiglie ucraine. In altri casi, i maggiorenni hanno potuto scegliere percorsi di accompagnamento all’età adulta e di ricerca dell’autonomia.

«Non sarebbe forse più utile consentire a questa esperienza di continuare per i prossimi 12-24 mesi, allo scopo di trovare una soluzione familiare o altro, per ognuno di questi bambini e ragazzi, in Ucraina o anche fuori, mantenendo sempre la predilezione per famiglie ucraine, se questa è la volontà del governo nazionale? Perché non provare a lavorare tutti insieme, Italia e Ucraina, per il bene di questi minori? Perché non ipotizzare di utilizzare gli istituti della “protezione” garantiti dal diritto internazionale che possa assicurare sicurezza per loro e per chi li accoglie?».

Per le famiglie, la loro partenza rappresenta una sorta di "colpo di spugna" dopo due anni e mezzo di sforzi da parte dell’intera comunità: la scuola, gli educatori ucraini e italiani, i compagni di classe, i nuovi amici. «Qualcuno si è chiesto quale sia l’opzione migliore per i ragazzi? Qualcuno ha chiesto loro cosa ne pensano? Converrete con noi che questi ragazzi hanno già pagato tanto, forse è arrivato il momento di rendergli qualcosa».

Commenti
Monica Parisi

Completamente d'accordo. Si può affidare ed in futuro, quando finirà la guerra contro l'Ucraina, farli adottare. E i giudici decideranno a chi.

Fabiola

Un esame di coscienza... Se fossero i nostri figli vorremmo mandarli in zone di guerra???

Margherita Pisano

Io penso che sarebbe ora di piantarla con le scartoffie e la burocrazia... è ora di pensare al bene della vita... la serenità... l'affetto... È ora di essere meno schiavi di infrastrutture... Io penso che questi bambini debbano stare qui, è disumano rimandarli via... hanno già perso... quante volte devono perdere a causa degli adulti? Se siete davvero cristiani, Autorità, dimostrartelo... non devono tornare indietro questi bimbi...

Snob

Raccogliere firme è tanto facile, provate a raccogliere i soldi da questi 13mila personaggi..

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