Il caso

Il piano anti-liste di Regione? «Un nuovo attacco alla salute con altri tagli alla sanità»

Il Comitato d'azione per la sanità pubblica di Bergamo denuncia lo stanziamento delle risorse per straordinari e contratti ai liberi professionisti

Il piano anti-liste di Regione? «Un nuovo attacco alla salute con altri tagli alla sanità»
Pubblicato:
Aggiornato:

Regione Lombardia ha approvato nei giorni scorsi il piano anti liste d'attesa per visite e procedure sanitarie, stanziando 61 milioni di euro di cui 41 destinati a strutture pubbliche e utilizzati per finanziare straordinari e contratti per liberi professionisti.

Una decisione che non vede il parere favorevole del Comitato d'azione per la sanità pubblica di Bergamo, che denuncia lo stanziamento di tali risorse definendolo un «nuovo attacco alla salute delle masse popolari con nuovi tagli alla sanità pubblica».

«Anziché utilizzarli per assunzioni di personale sempre più in affanno e al miglioramento organizzativo - hanno dichiarato i referenti del Comitato -, li destinerà agli straordinari e ai contratti per liberi professionisti procedendo, come da anni, sul terreno della progressiva privatizzazione della pubblica sanità».

Presidi di Continuità assistenziale: da 27 a 13

Per capire la posizione del Comitato, bisogna fare un passo indietro: agli inizi di luglio è stata attivata la centrale Uni.Ca nella provincia di Bergamo per una nuova gestione della Continuità assistenziale, che ha visto ridurre i presidi sul territorio da 27 a 13. «Già lo scorso anno - dice il Comitato - abbiamo visto l'Ats di Giupponi incapace a coprire tutte le sedi di Continuità assistenziale in provincia e oggi se ne sancisce la riduzione diminuendo drasticamente i medici operativi in questi punti di riferimento».

«Peraltro nemmeno vengono coperte integralmente le postazioni - prosegue il Comitato -: picchi di apertura da un massimo di due a cinque-sei in tutta la provincia (anziché tredici) con un medico per sede e quattro o più in centrale. Molti medici dichiarano la volontà di togliere la disponibilità per il servizio, vedendosi costretti a coprire a rischio aree con 200-300 mila persone. A questo si aggiunge che in caso di visite domiciliari o in ambulatorio territoriale di Ca le distanze da percorrere e i tempi per i sanitari o i malati diventano eccessivi. Nei fatti è un ulteriore taglio al servizio pubblico che graverà sui pronto soccorso».

Una brutta situazione. «I tagli realizzati da vent'anni hanno portato a disastri. Questo provvedimento sulla Centrale Uni.Ca ne rappresenta un ulteriore passo - conclude -. Subiamo liste d'attesa addirittura pluriannuali per interventi di diagnostica preventiva e curativa portando migliaia di persone a rinunciare alle cure o a indebitarsi per farle: sono 43 i miliardi di euro che vengono sborsati dai cittadini italiani per curarsi privatamente. »

Commenti
Massi

Che geni! Complimenti, sempre peggio! Io lavoro nella sanità e inviterei i politici a lavorare un mese in un reparto critico e non con il nostro stipendio su tre turni mattina pomeriggio e notte! Provare per credere! State facendo passare la voglia a tutti!

Seguici sui nostri canali