Mercato del lavoro

"Great resignation" anche nella Bergamasca: in un decennio dimissioni aumentate del 76%

Il fenomeno interessa in particolare la fascia d'età tra i 30 ed i 50 anni, meno quella dei ragazzi dai 15 ai 29 anni

"Great resignation" anche nella Bergamasca: in un decennio dimissioni aumentate del 76%
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Il fenomeno delle "grandi dimissioni", cioè di un significativo numero di lavoratori che lasciano il posto fisso, un tempo sinonimo di sicurezza sociale ed economica, è arrivato da tempo anche in Bergamasca. Lo si capisce dai dati dell'Inps, riportati oggi (lunedì 2 settembre) da L'Eco di Bergamo, che mostrano come dalle 18.499 del 2014 si sia passati alle 32.551 del 2023: in pratica, in una decina d'anni sono aumentate del 76 per cento. In maniera progressiva.

Un aumento progressivo

Per quest'anno, il 2024, ci sono delle cifre per il primo trimestre nella nostra provincia, secondo le quali le dimissioni dal posto fisso sono state 7.785: facendo una media, sono 86 al giorno. Nel primo trimestre del 2023, invece, erano state 7.811, in quello del 2022 addirittura 8.030, tant'è che si può considerare il vero e proprio momento di svolta dal capitolo precedente e, anche stavolta, a fare da catalizzatore per questa tendenza è stata la pandemia.

Lo si capisce andando ancora a ritroso, perché da gennaio a marzo 2019 di dimissioni volontarie se ne registravano 5.325, nel 2018 se ne contavano 5.081, nel 2017 erano 4.588. Nel mezzo, tra il frangente precedente al Covid e quello successivo, c'è il periodo in cui per le restrizioni il mercato del lavoro era in vari settori in una fase di stallo, con la gente bloccata a casa e le attività e le produzioni bloccate o rallentate.

Adesso contano realizzazione personale e famiglia

Prima, riuscire a ottenere e conservare un posto di lavoro a tempo indeterminato era una delle principali aspirazioni qui da noi e in Italia, mentre adesso a incidere sono anche altre esigenze, come il maggior tempo libero e da dedicare alla famiglia, lo stipendio più alto, la flessibilità degli orari e delle modalità di lavoro (per esempio, la questione dello smart working) e la possibilità di fare un mestiere che piace e dà opportunità di crescita professionale. Inoltre, tra le donne l'abbandono del proprio lavoro coincide con l'impossibilità di portarlo avanti crescendo al tempo stesso uno o più figli.

Bisogna comunque fare attenzione nell'interpretare questi dati, perché se si fanno distinzioni per fasce d'età si scopre che, se tra le cessazioni del rapporto di lavoro per i dipendenti tra i 15 ed i 29 anni, il 38,6 per cento sono di tipo volontario, per la categoria dai 30 ai 50 anni sono il 45,3 per cento del totale. Questo sembrerebbe indicare che le grandi dimissioni interessano in particolare coloro che non sono né tra le generazioni più recenti, né tra quelle che sono più prossime alla pensione e sono state, anche culturalmente, abituate a preferire la tranquillità economica alla realizzazione personale.

Commenti
Paolo74

Il mondo del lavoro è diventato uno schifo. Molti non si licenziano solo perché non hanno alternative, ma se potessero...

Giuseppe Boschini

Non c'è più il mito del posto in banca....

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