Omicidio di Terno

Sharon a Sangare: «Sei un codardo». I film, gli episodi di cronaca e l'ossessione per i coltelli

Nuovi dettagli dall'interrogatorio all'assassino, che ha dato spiegazioni confuse sul suo gesto e ha citato due pellicole che aveva visto

Sharon a Sangare: «Sei un codardo». I film, gli episodi di cronaca e l'ossessione per i coltelli
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«Sei un codardo». Queste le parole che Sharon Verzeni ha rivolto al suo assassino, Moussa Sangare, quella notte in via Castegnate a Terno d'Isola, quando senza alcun motivo l'aveva accoltellata. L'unica probabile causa era il fatto di essere la vittima a suo parere più vulnerabile, dato che aveva scartato per vari motivi le altre persone che aveva incontrato nel viaggio da casa sua al paese dove è avvenuto il delitto.

La scelta della vittima e la fuga

Si tratta di uno dei diversi nuovi dettagli emersi dall'interrogatorio di convalida, nel corso del quale, come riportato oggi (giovedì 5 settembre) da L'Eco di Bergamo, ha raccontato di avere mostrato il coltello ai due ragazzini di Chignolo, poi identificati dai carabinieri, per vedere come reagivano. Ha riferito anche di un uomo abbastanza grosso a bordo di un'Audi o una Mercedes, al quale aveva pensato di rubare il computer, per poi desistere, altri due su un muretto che aveva salutato per poi passare oltre e uno che fumava.

Nel parchetto di via Rota aveva poi mimato il gesto di tagliare la gola alla statua in legno che lì si trovava, una sorta di esercitazione, come quella che effettuava nel lancio dei coltelli sulla sagoma di cartone che teneva nell'appartamento. Ha affermato di avere incontrato Sharon prima vedendola in faccia, con le cuffiette nelle orecchie. Aveva quindi deciso di tornare indietro, seguirla e l'aveva toccata sulla spalla con la mano sinistra, dicendole: «Scusa per quello che sta per accadere» e virando il primo colpo.

La statua in via Rota a Terno d'Isola

A quel punto la giovane, sorpresa, aveva cercato di scappare domandandogli: «Perché? Sei un codardo, sei un b******o». Dopo aver terminato il suo proposito, era rimontato in sella alla sua due ruote e si era allontanato a tutta velocità. Quando una macchina gli era passata accanto, aveva girato il viso dall'altra parte, poi era passato dai campi per uscire dal comune senza che le telecamere lo riprendessero in quella zona. Il berretto di lana, messo in piena estate per rendersi poco riconoscibile, gli era caduto durante il tragitto. Se n'era accorto a Chignolo, per cui aveva lasciato la lama in un prato, era tornato indietro a recuperarlo e poi aveva ripreso anche l'arma.

Una versione confusa

Se le dinamiche appaiono sempre più chiare dopo il colloquio con il gip, ancora oscure appaiono invece le cause che lo hanno portato a commettere un assassinio tanto efferato. Del resto, le confuse spiegazioni - se così si possono definire - che Sangare ha fornito nel corso dell'interrogatorio in carcere sembrano abbastanza contorte.

Prima ha infatti affermato: «Gli uomini che ho incontrato prima li avrei solo rapinati». Però agli inquirenti aveva detto di essere uscito dall'appartamento con l'impulso di accoltellare qualcuno. Poi davanti al giudice ha specificato: «Sharon non l’ho rapinata perché lei ha cominciato a urlare e mi è venuta la para (paranoia, ndr)». Come se adesso la versione fosse che all'inizio voleva derubarla, poi aveva deciso di fare altro. Una frase che pare contraddire quanto raccontato in precedenza, una volta messo alle strette in caserma.

Film, cronaca e coltelli

Nel descrivere la sensazione che aveva provato prima di infliggere le ferite alla vittima, quel «feeling», come lo ha chiamato lui, lo ha collegato all'atmosfera di due film che aveva visto. Una delle pellicole si intitolerebbe Jarvis, ma forse c'è stata confusione con il nome, l'altra è Upgrade, una storia dove fantascienza e violenza si mescolano.

Al momento del trasferimento in via Gleno, nel portafogli di Sangare è stato trovato un foglietto con annotazioni sull'omicidio di Concordia Sagittaria, nel Veneziano, quando nel 2021 un nigeriano di nome Moses Ewere Osagie (Mosè, proprio come Moussa) uccise a coltellate la moglie. Nel corso del colloquio, ha ribadito più volte il suo interesse per le lame ed i polizieschi o i casi veri di cronaca dove sono presenti. «È difficile tirare con il coltello - ha spiegato al gip -, perché devi guardare quante volte gira. Appena facevo centro smettevo».

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