Il delitto di Terno

Omicidio di Sharon, un'inchiesta ben fatta che ha messo fine alle illazioni sulla famiglia

Per un mese parenti e compagno sulla graticola mediatica: un dolore nel dolore. Ecco come gli inquirenti hanno incastrato Moussa Sangare. Decisive le testimonianze di due marocchini

Omicidio di Sharon, un'inchiesta ben fatta che ha messo fine alle illazioni sulla famiglia
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di Wainer Preda

Il dolore per Sharon non si cancella. Ma l’inchiesta della Procura di Bergamo che ha portato al fermo del suo assassino, rende giustizia alla famiglia Verzeni e libera il fidanzato Sergio Ruocco dalla pressione dei media e dal giogo dei sospetti. E la Bergamasca dal timore che un omicida, libero, potesse colpire ancora.

Comunque la si veda, l’indagine dei carabinieri - coordinata dal pubblico ministero Emanuele Marchisio - è stata condotta con grande professionalità. Chiusa nel più stretto riserbo, per un mese non è trapelato praticamente nulla. Tanto che i giornali si sono sbizzarriti in una ridda di ipotesi rivelatesi strampalate.

L’Arma ha messo in campo il meglio dei suoi uomini. Dal Nucleo investigativo comandato dal colonnello Riccardo Ponzoni, passando per il Ros (Raggruppamento operazioni speciali) sezione crimini violenti con le sue apparecchiature per la ricostruzione delle immagini e il Ris (Raggruppamento investigazioni scientifiche) di Parma per le analisi genetiche e non solo.

È stato un enorme lavoro di squadra. Solo per dare una cifra: sono state analizzate le immagini di 80 telecamere pubbliche e private. A Terno, ma anche nei paesi del circondario. Quindici terabyte di dati, da passare al setaccio.

In mano, all’inizio, gli investigatori hanno solo un frame. Un fotogramma catturato dalla telecamera della banca che si trova sotto i portici, all’imbocco di via Castegnate. Ritrae una sagoma di passaggio con una bicicletta. Alle 00.37, orario compatibile con l’omicidio. E poi alcune testimonianze.

Quella della donna che si trovava alla finestra e, sentiti i lamenti, ha visto Sharon nei secondi successivi all’aggressione. Quella del 76enne che si trovava sul balcone sopra la tabaccheria in fondo a via Castegnate, a fumare una sigaretta. L’uomo racconta di non aver visto nulla per problemi agli occhi. Nemmeno il ciclista che, a tutta velocità, gli è passato sotto. Ma una telecamera lo ritrarrebbe mentre segue il “siluro” almeno con lo sguardo. E il pm lo indaga per false dichiarazioni.

E poi ci sono quelle di Amin Ettayeb e Mohammed Ghannamy, due italiani di origine marocchina che quella sera erano in zona. Raccontano di aver visto una persona sospetta, ma i carabinieri non trovano riscontri. Li riconvocano qualche settimana dopo. Quando gli investigatori hanno in mano l’immagine di un ragazzo su una bicicletta che corrisponde a quella di via Castegnate. È un fotogramma più nitido degli altri. Ottenuto dalla telecamera di un paese limitrofo. E i due marocchini confermano: «Sì, quel giovane in bici era in giro quella sera».

Lo hanno visto all’altezza del cimitero di Chignolo (...)

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