Trimestrale

Nel carcere di Bergamo nasce il primo giornale: 500 copie redatte dai detenuti

Il nuovo progetto editoriale è sostenuto dall'azienda Magnetti Building, realtà già coinvolta in iniziative che riguardano la struttura

Nel carcere di Bergamo nasce il primo giornale: 500 copie redatte dai detenuti
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«Spazio. Diario aperto dalla prigione». È questo il titolo del nuovo progetto editoriale sostenuto dall'azienda Magnetti Building, che coinvolge i detenuti del carcere di Bergamo nella scrittura di una rivista giornalistica a tiratura limitata.

Sarà la stessa azienda, che fa parte del Gruppo Grigolin, a sostenere i costi di stampa e distribuzione. L'obiettivo, come spiegato dalla Magnetti Building a Corriere Bergamo, è quello di «rompere le barriere dei pregiudizi, incoraggiando un confronto aperto e costruttivo tra chi vive all'interno e chi vive all'esterno delle mura carcerarie».

Cinquecento copie, stampate trimestralmente

Nella redazione della rivista editoriale ci sono detenuti della Casa Circondariale di Bergamo, affiancati da professionisti, ma non mancherà il contributo di studenti, ex detenuti e operatori; verrà stampata trimestralmente, con una tiratura di 500 copie che saranno distribuite all'interno del carcere, ai familiari e a quanti hanno contatti con la struttura quotidianamente.

Non è la prima volta che Magnetti Building scende in campo per i detenuti della Casa Circondariale bergamasca. A Natale e a Pasqua aveva infatti affidato al laboratorio dolciario del carcere il compito di preparare i regali da destinare ai dipendenti dell'azienda, mentre a ottobre dello scorso anno un detenuto aveva iniziato un percorso di inserimento lavorativo diurno.

Il primo numero di «Spazio. Diario aperto dalla prigione» include un'intervista a Benedetta Grigolin, Ceo di Magnetti Building, che a Corriere Bergamo ha dichiarato: «La scrittura diventa strumento di riscatto, contribuendo da un lato al reinserimento sociale dei detenuti e dall'altro a realizzare una cultura aziendale aperta e di comprensione reciproca, sfidando gli stereotipi e costruendo ponti concreti e reali tra il carcere e le comunità».

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