L'invenzione

Issa, arrivato a Bergamo dal Togo, ci insegna l'Africa con... un gioco da tavolo

Il giovane tecnico informatico (con laurea e master) è arrivato in Italia undici anni fa e ha iniziato una battaglia contro falsità e luoghi comuni

Issa, arrivato a Bergamo dal Togo, ci insegna l'Africa con... un gioco da tavolo
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di Paolo Aresi

Si chiama “Redizi” ed è un gioco da tavolo, con tanto di carte, mappa e dadi. E una particolarità: riguarda l’Africa, i suoi Stati, la sua storia, la sua cultura. Una specie di Trivial Pursuit, ma africano. Il nome, nella lingua Tem che si parla in Togo, significa: “Ci siamo riuniti”.

Lo ha ideato Issa Yerima, originario di un villaggio del Togo, 34 anni, tecnico informatico che nel suo Paese aveva conseguito una laurea in scienze umane e che undici anni fa si è trasferito in Italia; a Udine ha frequentato un corso di relazioni pubbliche e poi all’università di Bergamo ha affrontato un master in Diritto e politiche migratorie. Oggi abita a Bergamo in via San Tomaso. Con lui hanno collaborato Mohamed Traorè e Piquer Kenne, oltre a partner preziosi come LitoStudio, Weafricansunited e l’associazione Dare.ngo.

Perché ha inventato questo gioco?

«Perché ho pensato che fosse un buon modo per fare conoscere l’Africa. Il gioco è impostato su domande e risposte e tutte riguardano il nostro continente. In Italia e un po’ in tutto l’Occidente la visione dell’Africa è impostata su stereotipi, spesso lontani dalla verità».

Issa Yerima è arrivato a Bergamo dal Togo

Mi fa un esempio?

«I sondaggi dicono che gli italiani pensano che i migranti africani nella maggioranza arrivino coi barconi o con le rotte del deserto. Non è così, quelle persone rappresentano il tredici per cento degli arrivi. La maggior parte raggiunge l’Italia per ricongiungimenti familiari».

Un altro esempio?

«All’università qualche mio compagno mi chiedeva se in Africa ci sono le verdure o se ci sono i dolci! E anche mi chiedevano se esistessero le case. Forse pensavano che vivessimo sugli alberi. In Africa le grandi città sono del tutto simili a quelle europee, ma esiste ancora una bella realtà rurale. Per esempio nel mio villaggio si vive in capanne fatte con l’argilla, è un’Africa povera, ma non misera, dove si vive molto bene, dove la gente è più felice che nelle città. Ci sono tornato due anni fa, al primo giorno ero disorientato, mi mancavano le “comodità” cittadine. Al terzo giorno stavo benissimo e notavo come le persone erano molto sorridenti e serene, padrone della loro vita e del loro tempo».

Perché il gioco si chiama “Redizi”?

«Perché è un nome che richiama lo spirito della nostra cultura, è il principio della condivisione che è fondamentale nelle culture africane. È il principio “Ubuntu” delle decine di lingue Bantu esistenti, che significa “Io sono perché noi siamo”. Esistiamo nella relazione».

Il gioco vuole aiutare a vedere un’Africa che non si conosce. Mi fa qualche esempio?

«Non si conosce molto della storia dell’Africa prima dello schiavismo, prima del XVI secolo. In pochi sanno (...)

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