Gianluigi Trovesi: «La musica? Come una pizza: l'assaggio e, se mi piace, continuo»
Intervista al musicista bergamasco. Osannato clarinettista e sassofonista, nel cuore del suo mondo c’è il Caffè Centrale di Nembro
di Bruno Silini
Ogni anno, alla fine dell’estate, Gianluigi Trovesi inizia a pensare a un nuovo progetto. L’anno scorso, per esempio, ha presentato Mediterraneamente, un’iniziativa che combinava una mostra di dieci quadri dipinti da Gianni Bergamelli con un trio musicale (appunto Trovesi, Marco Remondini e Fulvio Maras con Maria Silvia Calvino Ramaccio come voce narrante ed Emma Cucchi alle immagini). Quest’anno ha in mente un progetto altrettanto ambizioso che coinvolgerà il compaesano giornalista e scrittore Gigi Riva.
Di cosa si tratta?
«L’idea è di riportare l’atmosfera di un tempo, quella di quando ci si ritrovava al Caffè Centrale di Nembro. Abbiamo in mente una decina di personaggi da raccontare. Tipo Bar Sport di Stefano Benni. Riva scrive i testi mentre io penso alla musica. Saremo pronti per le nostre performance nella tarda primavera del prossimo anno».
La sua è una carriera variegata. Ha toccato tanti generi. Come riesce a muoversi con disinvoltura tra jazz, musica barocca, folk e altro ancora?
«Sono curioso. Non ho mai scelto un genere specifico, ma mi sono trovato a esplorare tanti stili grazie alle opportunità che si sono presentate. Per esempio, ho collaborato per quindici anni con un gruppo di musica barocca e con loro ho viaggiato per il mondo, esibendomi in posti prestigiosi come la Carnegie Hall di New York».
Quindi non si sente di appartenere a un genere musicale specifico?
«Sono uno che sperimenta per amore della musica. Se in un progetto avverto la possibilità di divertirmi, lo accetto e metto tutto me stesso. Le faccio l’esempio di Christina Pluhar, una delle più importanti musiciste della musica barocca. Un giorno mi chiama e mi dice: “Ti ho sentito suonare a Dresda. Mi piacerebbe che tu venissi a fare delle cose con me con il mio ensemble L’Arpeggiata, al fine di registrare un album insieme”. Sono stato con lei, artisticamente parlando, quindici anni. Fare diversi tipi di musica è come mangiare la pizza».
Cioè?
«Prima la assaggio. Se mi piace, continuo».
Quindi sceglie il genere a seconda dell’offerta artistica che le arriva?
«Esattamente».
Di lei, Louis Sclavis (clarinettista e compositore francese) ha detto che è “nello stesso tempo serio, sempre coinvolto, calmo e disinvolto, decontratto, sciolto, preciso, curioso”. In quale di questi aggettivi si ritrova di più?
«Madonna, quante cose ha detto! Diciamo che nella serietà e nella curiosità mi ci ritrovo pienamente».
Si dice che il jazz o lo si ama oppure lo si evita. È d’accordo?
«Il jazz è come un lungo elenco di metalli: c’è il mercurio, c’è l’oro e ci sono tutti quelli in mezzo tra questi due. Ce ne sarà uno che determinerà un certo interesse, o no? Il jazz nasce come (...)