Lingua madre

Il misterioso culto della “cassèta di fèr”, tramandata da padre in figlio

Un tripudio di “ciócc, ide, dadi e rondèle” accumulate nel corso di un’intera esistenza con la maniacale ostinazione del collezionista

Il misterioso culto della “cassèta di fèr”, tramandata da padre in figlio
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di Ezio Foresti*

Scrigno prezioso che raccoglie il necessario per cavarsela praticamente in ogni situazione, la cassèta di fèr è un oggetto di culto per tutti noi.

A volte viene religiosamente tramandata di padre in figlio, insieme a utensili fossili dalla datazione incerta. Vi si possono trovare ol martèl del nóno, la tenàia del barba, ol rasghì del fèr del pàder e persino ol méter de la madòna che, per chi non lo sapesse, è la suocera.

Accanto ad essi, le immancabili ciàv, che hanno la misteriosa proprietà di scomparire nel momento esatto in cui servono. Innumerevoli le volte in cui ci si trova costretti a ricomprare, per fare un esempio, la ciàv del dès per poi ritrovarla in un posto impensabile il giorno dopo.

Il fatto è che i fèr, una volta usciti dalla cassèta, riescono ad assumere una vita propria. L’insostituibile papagàl tende a strisciare di nascosto in angoli inaccessibili del bagno, l’utilissima pinsa ha la vocazione a rimanere sul muretto, naturalmente in cima, in modo da rimanere invisibile dal basso.

Tutti in famiglia riconoscono il momento i cui l’homo faber bergamasco incorre in una di queste inesplicabili sparizioni, perché si cominciano a udire invocazioni che di pio hanno ben poco e a volte, occorre ammetterlo con rammarico, sconfinano nel blasfemo.

Uno scomparto a sé della cassèta è dedicato a ciócc, ide, dadi e rondèle, accumulate nel corso di un’intera esistenza con la maniaca ostinazione del collezionista. Non conta che siano storti e arrugginiti, che abbiano perso il filetto, che abbiano una misura che si usava due secoli fa. Uno di loro, sicuramente, a l’vegnerà bù al momento opportuno.

Disgraziatamente molto spesso questa minuteria, raccolta con amore dalla strada e custodita nelle tasche, finisce miseramente la propria esistenza nel filtro della lavatrice, a volte danneggiandola irreparabilmente. Ed è lì che le nostre regiure manifestano i dubbi più fondati sull’utilità del vincolo matrimoniale.

*in memoria

Commenti
RT

"...tegnei lè che i pò semper servit....i vè semper bù......."mi diceva mio nonno, mi ha detto mio papà e domani lo dirò a mio figlio...

Didi

Articolo veramente piacevole da leggere… saggio, divertente, ironico e ricco di aneddoti legati alle nostre abitudini bergamasche… Un applauso all’autore Ezio Foresti.

Veronica

Quanti ricordi e anche un sorriso leggendo questo articolo.Complimenti!!

Paolo74

Avevo una zia acquisita che in famiglia veniva soprannominata "la regiura" per il suo carattere forte e dominante. Mi sono sempre chiesto come sarebbe finita tra noi due se io fossi stato, disgraziatamente, suo marito.

Francesco Giuseppe

Articolo bellissimo, come gli altri, sulle nostre tradizioni. Bravissimi.

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