Il cooperante di Alzano vittima dei talebani

«Il mio amico Sandro, morto a Kabul Un uomo che sognava in grande»

«Il mio amico Sandro, morto a Kabul Un uomo che sognava in grande»

Aigerim era rimasta stregata dallo stile liberty del Casinò di San Pellegrino. Per questo aveva detto al suo Sandro: «Sposiamoci qui». Era tutto pronto, gli inviti già spediti a parenti e amici. Sarebbero presto tornati in Italia per convolare a nozze il 18 luglio. Ma il sogno di Sandro Abati, 48enne di Alzano Lombardo, e di Aigerim Abdulayeva, kazaka di 27 anni, è stato spazzato via dai talebani che hanno attaccato la guest house di Kabul, dove erano alloggiati. Per loro non c’è stato scampo: quando sono arrivate le forze speciali afghane è scoppiato uno scontro violentissimo, a terra i terroristi hanno lasciato 14 persone, quasi tutte occidentali.

Girava il mondo, Sandro, ed era a Kabul per aiutare il popolo afghano a crescere. Perché era esperto di project financing, lo strumento economico-giuridico che prevede la realizzazione di interventi pubblici finanziati da operatori privati. Una materia complessa, che aveva approfondito con un master a Washington, dopo il diploma in ragioneria ad Albino e la laurea in economia a Bergamo. Sull’argomento sapeva tutto, tanto da scrivere un libro e da esser chiamato a Roma come consulente dal ministero delle Infrastrutture e dal Tesoro.

Ben presto Sandro aveva però voluto allargare i suoi orizzonti, scegliendo di impegnarsi nelle zone più tormentate del pianeta: nel suo curriculum figuravano incarichi nei Balcani, in India, Egitto, Siria, Palestina. In particolare coordinava la realizzazione di ospedali e strutture sanitarie. In Afghanistan era arrivato a febbraio per lavorare ad un progetto del governo locale. L’ultima volta era tornato in Italia per Pasqua. «Gli ripetevo che avrebbe potuto far buone cose anche qui – racconta l’amico Beppe Imberti – ma lui era fatto così. Amava occuparsi di grandi progetti». Proprio Imberti, insegnante, avrebbe dovuto celebrare le nozze su delega del sindaco di San Pellegrino. Sandro l’aveva conosciuto 35 anni fa, quando i genitori l’avevano mandato da lui perché gli impartisse lezioni private di italiano. «Tra noi si stabilì subito una grande amicizia, spesso tornava da me per chiedermi consigli. Per lui ero come un fratello maggiore, quando capitava ci sfidavamo a tennis. L’avevo sentito pochi giorni fa. Ora sono sconvolto, eravamo molto legati».

Sandro si sentiva a suo agio nel mondo, ma appena poteva tornava ad Alzano, dove vivono i suoi genitori, che dopo aver appreso la notizia della tragedia si sono chiusi nel silenzio. Ad Alzano aveva portato anche Aigerim, che aveva preso residenza nel paese seriano. Lei aveva studiato marketing, aveva già fatto alcuni colloqui. Dopo tanto viaggiare, forse il futuro della coppia sarebbe stato proprio in Italia. I due fidanzati si erano incontrati ad Astana, la remota capitale del Kazakhstan, dove lui era arrivato sempre per motivi professionali: si erano piaciuti, la differenza d’età non aveva mai rappresentato un problema. Da due anni vivevano tra la capitale kazaka e Alzano, dove Sandro aveva gli amici di sempre. Quando rientrava, tra un incarico e l’altro, ci scappava la cena e magari una serata a ballare. «Aveva un bel carattere, amava stare in compagnia – spiega Imberti -. Ma soprattutto era molto colto, attento agli aspetti sociali e politici dei posti dove andava. Li paragonava sempre all’Italia e ne sottolineava le differenze». Mentre parla, il tg trasmette le immagini dell’attacco di Kabul. La voce si inceppa, i ricordi si spezzano: «Basta così, devo andare…».