Nicolò Tiraboschi, il bergamasco che vince con uno scacco matto o con un ko
Nel 2023 è diventato campione del Mondo di scacchipugilato. A settembre dovrà difendere il suo titolo in Serbia

di Clara Scarpellini
C’è un ragazzo di 25 anni, bergamasco, che ha deciso di vivere due carriere nello spazio di una: la prima tra i pedoni di una scacchiera, la seconda a schivare ganci sul ring. Nicolò Tiraboschi ha vinto nel 2023 il campionato mondiale di scacchipugilato, un surreale sport che alterna round di boxe a partite di scacchi e in cui si vince o per ko, o per scacco matto.
Ma la storia di Tiraboschi non è solo una strana fusione tra cervello e muscoli, è anche una corsa continua per trovare equilibrio tra il talento e il desiderio di evadere. In questi mesi si sta preparando per il secondo Mondiale, in programma a settembre in Serbia.

Quando ha incrociato per la prima volta scacchi e boxe?
«Gli scacchi sono arrivati prima. Ho iniziato a giocarci a 14 anni e per sei anni sono stato praticamente solo quello. Dopo il liceo mi sono preso un anno per provare a diventare professionista. Poi, però, è arrivato il Covid, ha fermato tutti i tornei e, con loro, anche la mia esperienza agonistica. Da lì mi sono iscritto all’università, ma dopo due anni ho perso motivazione. Così ho cercato altri interessi, ho iniziato il poker online e a frequentare la palestra. Volevo fare uno sport da combattimento e sapevo dell’esistenza dello scacchipugilato perché un mio amico lo praticava. Così ho scelto la boxe pensando già a quella disciplina. Era la fine del 2022».
E l’anno dopo è diventato campione del Mondo. Ma era davvero la sua prima competizione?
«Sì, il Mondiale a Riccione nel 2023 è stata la mia primissima competizione di scacchipugilato. Mi ero allenato per un anno intero, ma fino a un mese prima del torneo non avevo più giocato a scacchi. Li avevo completamente messi da parte. Ho un rapporto molto conflittuale con loro: mi hanno dato tantissimo, ma mi hanno anche portato via anni di vita. Dai 14 ai 20 ero sempre al computer, niente vita sociale, solo partite e libri. A un certo punto mi sono chiesto se davvero volessi che tutta la mia esistenza fosse quella. E anche adesso, che ho aperto “Tiramatto”, un canale YouTube per insegnare scacchi, ogni tanto mi pesa. Perché sento che la scacchiera continua a rubarmi tempo. Allo stesso tempo, però, so che in quel campo ho qualcosa da offrire».
Cosa ricorda di quel primo Mondiale?
«Mi ero detto che dovevo vincere, non c’erano alternative. L’ho vissuta come una sfida con me stesso e alla fine ho vinto a scacchi. Sapevo di essere superiore lì, il mio obiettivo era colmare il divario nella boxe. Con i pugni mi allenavo tutti i giorni, eppure non vedevo mai miglioramenti».
Poi è arrivata una trombosi.
«Sì, pochi mesi dopo il Mondiale. È emersa una predisposizione genetica e, complice il tanto tempo passato al computer, la circolazione del sangue ha iniziato a dare problemi. Ho dovuto iniziare con gli anticoagulanti, (...)