Gli scatti che han stregato il mondo dell'ex ingegnere di Treviglio
Tra i suoi miti? Amedeo Guillet e Carlo Pedersoli: gente che ha avuto la capacità di mettersi in gioco seguendo le proprie passioni. Con successo. Sentire Roberto Pazzi raccontare la propria storia farebbe credere a chiunque che questo trevigliese sia in realtà completamente folle. Eppure, dopo la prima impressione stupita, prendono il sopravvento il fascino e l’ammirazione per la via che ha deciso di intraprendere.
Ma andiamo con ordine. Roberto Pazzi, classe 1973, laureato in ingegneria informatica, avvia una carriera in crescita per una grossa azienda italiana, che negli ultimi due anni di lavoro culmina nella direzione commerciale, con annessi ottimo stipendio, automobile aziendale e benefit vari ed eventuali. Poi, un’occasione e l’inizio della svolta: un viaggio in Indonesia (siamo ad agosto 2013). Niente di sensazionale, per Roberto, che sin da ragazzo, è abituato a viaggiare seguendo la filosofia “zaino in spalla”, spesso anche in solitaria. Skipper dal 2012 e per di più appassionato di fotografia.
Comunque, in Indonesia si avventura tra templi e vulcani, barattando sigarette e zucchero con le popolazioni locali per avere il permesso di fotografare e di osservare da vicino il loro modo di vivere. Appassionato di ritratti e paesaggistica, la scelta dei luoghi esotici è legata semplicemente alle loro meraviglie naturali e al desiderio di incontrare i volti della gente che vi abita. Non c’è comunque una selezione precisa per quanto riguarda le mete: è come se Roberto girasse semplicemente il mappamondo a occhi chiusi. Prima di fermarlo, e di partire. Per scoprire un luogo, solo poi per raccontarlo in immagini. Dal viaggio nasce il reportage, non viceversa.
La svolta definitiva avviene a febbraio 2015. Senza un motivo particolare. Semplicemente per riuscire a rispondere «Sì» alla domanda «Sei contento della tua vita?». Senza pensarci troppo. In un improrogabile e definitivo cambiamento di vita, Roberto lascia il proprio lavoro, con tutti quei benefit. Il “dover fare” che fino ad allora ha scandito le sua vita viene abbandonato a favore del “voler fare”. Una vita per arrivare fin lì. Una vita per prepararsi ad arrivare fin lì. E per poter fare del suo background professionale (le conoscenze informatiche, la capacità di gestire e mantenere i contatti con le persone, saperti organizzare) e umano un tesoro da cui ripartire. Così realizza il proprio sito web e la pagina Facebook e inizia le prime collaborazioni in ambito fotografico nei settori dell’arredamento e della moda.
Ad aprile 2015 si svolge la prima mostra fotografica dedicata ad una viaggio esplorativo effettuato a Papua. Ed è un successo. Poi arriva maggio. Due settimane dopo. E in quelle due settimane succede che viene catapultato in una dimensione fino ad allora sconosciuta. O meglio: un’agenzia di Birmingham lo cerca, dopo aver visto i suoi scatti. E i maggiori quotidiani inglesi lo notano. Il Daily Mail scrive di lui, per ben due volte. E poi il The Times e il Daily Telegraph gli dedicano articoli. Da lì la notizia rimbalza sui media di tutto il mondo: Life Force Magazine, Fliiber.com, Shot! Magazine, Dagospia.com, INDEX.HR. E la lista diventa ogni giorno più lunga. Intanto Roberto pubblica due libri: Il volto di India e La valle senza tempo e un terzo, Street of the World in uscita. E iniziano anche ad arrivare richieste di consulenze. Lui è umile, semplice, e – soprattutto – entusiasta.
Complicato? Tutt’altro. Roberto si sente molto come il tuffatore di Paestum: una volta che trovi il coraggio di saltare dal trampolino devi solo gestire la planata. Questa è la sua filosofia di vita, questo è ciò che lo fa stare bene. E così accade che, in tutto questo frastuono mediatico, stia organizzando il prossimo viaggio. Zaino e macchina fotografica sono già pronti. Il sorriso pure. È con questo infatti che Roberto è sempre riuscito ad approcciare le popolazioni che ha incontrato: guadagnare un amico vale molto di più di scattare una foto. Quest’ultima è, se vogliamo, il suo regalo. «La fotografia mi fa vedere il mondo come un bambino. Ciò mi ricorda che le cose semplici sono anche le più importanti», conclude. È tutto (qui).