Flop per le scuole: a Bergamo sono ancora troppo pochi gli insegnanti di sostegno
Sono ancora centinaia i posti vacanti. Manzullo, di Cisl scuola della provincia: «Il servizio non può essere terreno di precarietà»

A Bergamo il nuovo anno scolastico si apre con un’assenza pesante: quella degli insegnanti di sostegno. La tanto attesa "mini call veloce", pensata per coprire le cattedre vacanti, si è rivelata un flop.
Avrebbe dovuto essere uno strumento di supporto, una procedura per permette ai docenti della prima fascia delle Gps (Graduatorie provinciali per le supplenze) di candidarsi per posti di sostegno vacanti in province diverse da quella di iscrizione. Ma su 333 posti disponibili nella scuola primaria, hanno risposto soltanto 54 docenti: appena il 16 per cento. Il resto, quasi 300 cattedre, resta senza titolare.
In un comunicato diffuso oggi (mercoledì 27 agosto), la Cisl scuola Bergamo ha chiesto politiche lungimiranti per stabilizzare i docenti di sostegno e garantire organici adeguati: «Il sostegno non può essere terreno di precarietà, ma deve diventare un vero investimento nella scuola e nella comunità educativa».
Un segnale preoccupante
Un dato allarmante che fotografa una realtà ben lontana dalle necessità delle scuole. E la situazione non migliora guardando al quadro nazionale: su 7287 posti complessivi, ne sono stati assegnati meno di 1500, lasciandone scoperti oltre 5800. «Le criticità nella scuola primaria risultano particolarmente accentuate, con centinaia di posti rimasti vacanti - spiega Paola Manzullo, segretaria generale Cisl scuola Bergamo -. È un segnale preoccupante, che mette in difficoltà alunni, famiglie e istituti».
Famiglie in attesa
La Cisl Scuola lancia un appello: la mini call veloce è solo un cerotto su una ferita profonda. Servono soluzioni strutturali. Nel frattempo, i numeri raccontano un’emergenza che rischia di peggiorare: 111 posti scoperti nella scuola dell’infanzia, 824 nella primaria, 353 nella secondaria di primo grado e 226 in quella di secondo grado. Una precarietà che pesa soprattutto sulle famiglie degli alunni con disabilità, costrette ogni anno a fare i conti con nuovi volti e progetti didattici sempre da ricostruire.
«Dietro queste percentuali ci sono bambini che hanno diritto alla continuità educativa – sottolinea Manzullo –. Non possiamo accettare che ogni settembre si riparta da zero. Servono politiche lungimiranti per stabilizzare i docenti specializzati e garantire organici adeguati. Il sostegno non può essere terreno di precarietà: deve diventare un vero investimento nella scuola e nella comunità educativa».