di Wainer Preda
Preoccupazione, forte preoccupazione. E a dirla tutta, anche una certa irritazione per come sono state gestite la vicenda e le possibili conseguenze. Tira un’aria molto tesa nel Partito Democratico. Il “caso Tura” sta terremotando la politica bergamasca e a farne le spese, alla fine, potrebbero essere i dem.
Il casus belli
Passo indietro, per capire. Prima settimana di settembre, a Caravaggio. Il sindaco Claudio Bolandrini cerca un sostituto per l’assessore ai Servizi sociali. Il primo nome che gli viene in mente, per stima, conoscenza diretta e competenza, è Matilde Tura. Lei è medico. Sta facendo un corso di specializzazione ospedaliera in Pediatria. In più, è del Partito Democratico, che sostiene la sua maggioranza.
Bolandrini alza il telefono e la chiama. Lei risponde che prima di accettare, da donna di partito (è capogruppo del Pd a Treviglio ed è stata candidata sindaco nel capoluogo della Bassa per il centrosinistra) vuole parlarne col segretario provinciale dei dem, Gabriele Giudici. L’operazione avrebbe indubbi vantaggi per il Pd. Sarebbe un rafforzamento numerico e politico a Caravaggio. E oltretutto metterebbe le briglie al civico (oggi tendente all’azzurro) Bolandrini, alle mire di Forza Italia e del centrodestra. Dunque, la strada sembra spianata.

Sembra. Perché Giudici in realtà, dicono le ricostruzioni più accreditate, reagisce male. Mette sulla graticola la povera Matilde che ai suoi occhi ha il “peccato originale” di essere la moglie di Alessandro Sorte, deus ex machina di Forza Italia. Nell’operazione, il segretario Pd non intravede vantaggi e opportunità, ma solo un “trappolone” azzurro. Pertanto, scatena un fuoco di fila contro la sua capogruppo a Treviglio, di fatto delegittimandola.
La vicesegretaria provinciale Alessandra Bertolotti ci mette il carico: dà alla Tura della «pontiera, di cui il Pd non ha bisogno». Il circolo di Caravaggio si allinea. «Non si discute al telefono. Siamo un partito. Le decisioni si prendono nelle assemblee preposte» tuona il segretario dem sul Corriere Bergamo. Reazione d’orgoglio scomposta, forse, con toni da Soviet supremo.

Le conseguenze
Piccolo problema: Forza Italia non la prende bene. Anche perché la vicenda cade nel bel mezzo delle trattative per la presidenza della Provincia. La questione non verte su Caravaggio o le sorti di Tura, ma sulla rottura di uno schema politico. Gli azzurri puntano il dito contro la mancanza di fiducia e i pregiudizi del segretario Pd nei loro confronti: inaccettabili, fuori da ogni dialettica politica, sibilano.
Molti premono perché i forzisti chiudano i rapporti coi dem e virino definitivamente verso il centrodestra unito in via Tasso. La tentazione, dicono le indiscrezioni, è forte. L’alveo, peraltro, naturale. E l’unione sarebbe vincente nei numeri, perfino. Il conto è presto fatto. In Provincia il centrodestra unito sarebbe avanti di diecimila punti ponderali, quanto tre comuni grandi come Treviglio.
Negli ultimi giorni poi, fiutando la buriana nel Pd e la possibilità di vittoria servita sul piatto, gli ostacoli alla coalizione sono stati rimossi. Erano tutti interni a Lega e FdI. Il Carroccio si è “ricompattato” dopo un diktat di Matteo Salvini che del presidente uscente della Provincia, il piddino Pasquale Gandolfi, non ne vuol più sapere. Ciò ha messo d’accordo il segretario provinciale dei lumbard, Fabrizio Sala e il suo altro di sempre, il consigliere regionale Giovanni Malanchini, di recente protagonista di una lite epica con Gandolfi.
Si è (s)mosso anche Fratelli d’Italia, primo partito in Bergamasca. Il segretario provinciale Andrea Tremaglia ha rotto gli indugi, convocando i colleghi Umberto Valois e Sala. Nel frattempo (…)