Aggiornamenti sul caso

Omicidio di Sharon Verzeni, lo psichiatra: «Un delitto fatto per piacere, con lucida crudeltà»

La perizia psichiatrica ha confermato: Moussa Sangare era capace di intendere e di volere quando ha accoltellato la giovane di Terno d'Isola

Omicidio di Sharon Verzeni, lo psichiatra: «Un delitto fatto per piacere, con lucida crudeltà»

Secondo gli esperti, l’omicidio di Sharon Verzeni non è stato un gesto dettato dalla follia, ma un atto compiuto con lucidità e crudeltà. Durante l’udienza di oggi (22 settembre), la perizia psichiatrica ha confermato che Moussa Sangare, il trentenne accusato del delitto, era capace di intendere e di volere la notte del 30 luglio 2024, quando la giovane barista di 33 anni è stata uccisa a coltellate Terno d’Isola mentre passeggiava. Era stata lei stessa a dare l’allarme con un’ultima disperata telefonata al 118 poco prima dell’una di notte.

Per il gusto di farlo 

Moussa Sangare

«È stato un delitto fatto per il piacere di compierlo». È con queste parole, come riportato da L’Eco di Bergamo, che lo psichiatra Massimo Biza ha definito l’omicidio della ragazza. Durante l’udienza di questa mattina, la relazione firmata dalla dottoressa Giuseppina Paulillo, ha infatti stabilito che l’imputato era pienamente cosciente delle sue azioni. Biza ha rincarato la dose: «Equiparabile a un omicidio sadico. Il fatto che avesse scartato altre vittime prima di Sharon dimostra una lucidità terrificante». Lo stesso, ha poi spiegato che si è trattato di un omicidio paragonabile a un gesto che nasce dal semplice desiderio di provare emozioni forti.

Assassino e testimone?

La storia processuale di Sangare, il giovane nato a Milano da genitori maliani, è piena di contraddizioni. Subito dopo l’arresto aveva ammesso le sue responsabilità, ma in aula aveva cambiato versione, dichiarandosi innocente. Infatti, secondo il suo racconto, quel 30 luglio si era trovato per caso sul luogo del delitto ed era subito fuggito per paura, convinto che il vero assassino potesse catturarlo e metterlo a tacere. Per giustificare il taglio dei capelli e la sparizione degli abiti indossati quella sera, aveva raccontato di averlo fatto solo per proteggersi.

Sempre secondo quanto riportato da L’Eco di Bergamo, l’uomo aveva anche aggiunto che la confessione dell’omicidio gli era stata strappata con pressioni, e per questo poco valida. Una narrazione che, tuttavia, stride con la freddezza descritta dai periti: otto ore di colloquio senza mai un accenno di pentimento né un riferimento al nome della vittima, sempre chiamata soltanto “donna”.

Il profilo psichiatrico: un uomo freddo e narcisista

Gli psichiatri hanno tracciato un profilo inquietante dell’imputato. Sangare soffre di disturbi di personalità di tipo narcisistico e antisociale, oltre a problemi legati all’uso di sostanze, ma nessuno di questi elementi avrebbe compromesso la sua capacità di capire ciò che stava facendo. È stato descritto come un uomo in cerca di adrenalina, indifferente alle conseguenze e incapace di provare empatia. A luglio, giudicato con rito abbreviato con l’accusa di maltrattamenti nei confronti della madre e la sorella, era stato condannato a tre anni e otto mesi di carcere.

Ora, per la difesa restano dubbi sulla reale capacità di intendere e di volere, ma sia l’accusa sia la parte civile hanno considerato inutili ulteriori accertamenti.