Con la guida di Riccardo Panigada, esperto d’arte e curatore del museo San Martino di Alzano Lombardo (nella foto in apertura), è stato inaugurata giovedì 25 settembre la mostra dedicata a Giambettino Cignaroli.
Un nome che ai più può dire poco, ma che nel Settecento era celebrato in tutta Europa. Lo dimostra un aneddoto: durante una visita a Verona, un principe straniero confessò che due sole cose gli erano rimaste impresse della città: l’Arena e la bottega di Cignaroli. «Non male per un pittore che oggi rischia di essere dimenticato, e che questa mostra vuole riportare alla luce».
Il pittore che rifiutò il mondo
Cignaroli nacque a Verona nel 1706 e ci rimase per tutta la vita, nonostante le chiamate da Vienna, dalla Spagna e da altre corti europee. «Era un uomo rigoroso, metodico, ma anche schivo – ha raccontato Panigada -. Ma preferiva lavorare con calma nella sua città, persino a costo di far aspettare i committenti dieci anni pur di consegnare un’opera perfetta».
Fondatore dell’Accademia veronese di pittura, in un’epoca dominata dai fasti rococò di Tiepolo, Cignaroli rimase fedele a un linguaggio più sobrio ed equilibrato. Una scelta controcorrente, che lo rese stimato da principi e cardinali, eppure lo condannò a essere meno noto al grande pubblico di oggi.
Le quattro opere in mostra
Il San Martino di Alzano ospita ora quattro grandi capolavori di Cignaroli. Il percorso parte dal Transito di San Giuseppe realizzato proprio per la basilica di San Martino Vescovo di Alzano, appena restaurato, per poi proseguire con l’altro Transito di San Giuseppe, dipinto questa volta per il duomo dei Santi Faustino e Giovita di Chiari. A questi, si affiancano due raffigurazioni, una meditativa di Sant’Agata e l’altra di Maria Maddalena, più drammatica, con i lunghi capelli sciolti a simboleggiare fragilità e redenzione.
Tra le opere, la differenza più importante riguarda i due Transiti. «Il dipinto di Chiari è più tradizionale, dottrinale (…)