Di esempi ce ne sono parecchi. Il più in vista, però, è forse Firenze, dove la riqualificazione dell’impianto procede lentissima. Milano ha invece appena compiuto un passo storico con la decisione del Comune di cedere l’area alle due società cittadine.
Spostandoci a Roma, ci sono tanti progetti sul tavolo, ma di concreto poco o nulla. E all’estero c’è il Barcellona che da tempo ormai gioca al Montjuïc perché il Camp Nou è in ristrutturazione e i tempi di riapertura continuano a slittare. Sono tutti progetti di grandi dimensioni, ma indietro. Molto indietro. Forse tropo indietro.
L’altra faccia della medaglia è Bergamo, o meglio l’Atalanta. La nostra realtà la conosciamo bene, eppure ogni tanto fa bene ricordare che il modello applicato qui è stato lineare, preciso. Grazie al lavoro di Roberto Spagnolo, all’intuizione di Antonio Percassi – che davanti a tanti problemi per le aree in concessione ha deciso direttamente di comprarsi l’impianto – e alla gestione finanziariamente (e non solo) illuminata di Luca Percassi, Bergamo ha uno stadio bello e funzionale ed è diventata (o dovrebbe diventare) un modello per tutti.
In Italia, la Juventus, l’Udinese e il Sassuolo – per quanto riguarda la Serie A – sono le uniche altre compagini ad aver lavorato in questo senso. Piemontesi e friulani non hanno però fatto lo stesso percorso della Dea e degli emiliano, passando da una concessione per 99 anni e non dall’acquisto dell’impianto. Insomma, mentre il resto del panorama è desolante (o quasi), l’Atalanta ha fatto scuola. Uno sguardo, come sempre, al futuro.