La questione dell’esposizione delle salme nei luoghi di culto approda ufficialmente in Regione Lombardia. Lunedì 13 ottobre si è tenuta la prima audizione davanti alla Commissione III Sanità, un incontro che ha visto confrontarsi sindaci, rappresentanti delle comunità montane e imprenditori del settore funebre su un tema che da mesi fa discutere i territori bergamaschi.
Come già emerso nel dibattito locale, la normativa regionale vieta l’utilizzo degli edifici di culto per l’osservazione delle salme, prevedendo luoghi alternativi come la casa del defunto, l’obitorio, la casa funeraria o la camera mortuaria. Una posizione che aveva già ricevuto un “no” tecnico dalla direzione dell’assessorato al Welfare, ma che ora è stata riaperta sul piano politico.
La posizione dei sindaci
«Chiediamo che i Comuni possano autorizzare l’osservazione delle salme in spazi pubblici qualora siano rispettate le misure minime di sicurezza – ha dichiarato Susanna Pini, sindaca di Ponteranica e promotrice della richiesta di audizione sostenuta da oltre 60 primi cittadini bergamaschi -. Non si tratta di concorrenza sleale con le case del commiato. Non comporta profitto, ma risponde ad una funzione sociale e comunitaria».
La prima cittadina ha elencato in aula i possibili accorgimenti che potrebbero essere resi obbligatori: servizi igienici accessibili nel raggio di 200 metri, adeguata ventilazione, igienizzazione dei locali dopo ogni utilizzo, dotazione di presidi tecnologici di sicurezza e dispositivi per monitorare la salma in tempo reale.
Il problema delle aree interne
La problematica è particolarmente sentita nei territori montani. «Da Almenno San Bartolomeo fino a Fuipiano non ci sono case del commiato – ha ricordato Gianbattista Brioschi, presidente della conferenza dei sindaci dell’Asst Papa Giovanni e dell’ambito della Valle Imagna -. Comprendo la difficoltà ad investire nei piccoli Comuni senza un risvolto economico, ma la necessità per la cittadinanza è reale».
Sulla stessa linea Valeriano Bianchi, presidente della Comunità Valle Brembana: «In Val Brembana le distanze sono ampie e l’unica casa del commiato è a San Pellegrino Terme. Quando muore una persona anziana a Foppolo o Valtorta, se viene composta in una chiesa del paese gli abitanti le vanno a dare un ultimo saluto. Cosa che non succede a 30 chilometri di distanza».
«Si continua a parlare delle difficoltà dell’abitare in montagna e poi non andiamo incontro alle esigenze portate dai cittadini», ha aggiunto Marco Grassi, presidente della Comunità Montana di Scalve, ai microfoni di Bergamo News.
Le preoccupazioni delle imprese funebri
Di diverso avviso i rappresentanti delle imprese del settore funebre. Alessandro Bosi, direttore e segretario di Feniof (Federazione nazionale imprese onoranze funebri), ha espresso «grande preoccupazione»: «La normativa lombarda è stata presa come esempio da tutte le altre regioni, una deroga impatterebbe a cascata su tutto il sistema nazionale. Non parliamo di un’abitudine culturale fossilizzata, ma di un comportamento emerso meno di vent’anni fa».
Pietro Bonaldi, direttore di Lia (il sindacato di categoria delle Onoranze Funebri bergamasche), ha snocciolato i numeri: in Bergamasca sono aperte 38 case funerarie e altre 10 già autorizzate saranno concluse entro il 2026. Gli investimenti, solo in Lombardia, sfiorano il mezzo miliardo di euro.
Ancora più netto Davide Veronese, presidente della federazione nazionale del comparto funerario (Federcofit): «Non è immaginabile la modifica di una Legge che a suo tempo fu avanguardista. Ci chiedete di fare il passo del gambero su una normativa che funziona ed è emulata in tutta Italia. I principi igienico-sanitari non sono derogabili: per vent’anni i sindaci hanno chiuso non uno ma entrambi gli occhi, consolidando una prassi che è a tutti gli effetti contro la Legge».
La proposta di Veronese per le aree interne prevede la realizzazione di sale di osservazione interne ai cimiteri che possano ospitare le salme prima dei funerali.
Si cerca una soluzione
Come riportato dai colleghi di Prima Treviglio, in commissione il sentimento comune è stato quello di cercare una mediazione. «Serve trovare una mediazione, un punto di incontro per le aree interne», ha dichiarato il consigliere regionale Davide Casati, membro della commissione.
«Le chiese potrebbero rappresentare un luogo adatto, ma solamente dopo una serie di investimenti mirati». Casati ha ricordato anche l’esempio della Regione Puglia, dove è riconosciuta la possibilità di utilizzare i luoghi di culto per l’osservazione purché siano rispettate le norme igienico-sanitarie.
«Proprio in virtù di questo, occorre che i criteri siano rigorosi ma applicando sempre il buon senso», ha Jacopo Scandella, consigliere regionale del Pd con Casati. «Crediamo sia doveroso entrare nel merito di quanto emerso oggi per valutare modifiche della normativa vigente, affinché possa includere anche i luoghi di culto o i luoghi pubblici individuati dai Comuni e opportunamente adeguati».
Deroga sì o deroga no?
Il consigliere regionale Jonathan Lobati ha aggiunto: «Nei piccoli centri nessuno ha deciso di investire. Bisogna individuare le zone in cui pesano la distanza e lo spopolamento, aree in cui se non lo fa il pubblico nessuno investirà».
«Sosterremo una deroga per queste situazioni, con una serie di attenzioni nel rispetto delle norme sanitarie vigenti – prosegue Lobati -, e chiederemo alla Giunta regionale di stanziare contributi ai piccoli Comuni di montagna affinché possano adeguare agli attuali standard di riferimento le camere mortuarie già presenti nei cimiteri comunali».
«Preferirei uno strumento risolutivo del problema, non una deroga», ha concluso il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Michele Schiavi. Il dibattito proseguirà nei prossimi mesi, con l’obiettivo di trovare una soluzione che tenga conto sia delle esigenze delle comunità locali che del rispetto delle normative igienico-sanitarie.